Genova. “Servono oggi una strategia politica vera e una figura che tornino a parlare a un elettorato che non ci vota più, nella consapevolezza che il populismo non è il nemico da combattere, ma il nuovo terreno di confronto della politica. O capiamo questo o verremo spazzati via insieme ai Pastorini vari e ai cocci sparsi della vecchia sinistra da museo”. Il 5 dicembre è il day after, il giorno dopo la sconfitta (sonora) del No al referendum e delle dimissioni del Premier Matteo Renzi.
Ma è anche, l’ora della resa dei conti, all’interno di un centro sinistra ancora una volta lacerato dalle divisioni, e dove ancora riecheggiano e si riformulano antiche polemiche. E se Anpi, Arci e SI festeggiano con una nota congiunta in notturna, il fronte del Si reagisce di pancia e di testa: vertici e amministratori Pd, cauti, fanno prevalere una generale preoccupazione, mentre è nella base del partito che bruciano le ferite.
“Sconfitta netta e pesante – ammette già nella notte Alessandro Terrile, segretario genovese Pd – Abbiamo perso una battaglia che meritava di essere combattuta. Da domani non ci sarà più il governo Renzi, ma resta sul tavolo tutta la necessità di costruire istituzioni più efficienti e di restituire credibilità alla politica. Viva la democrazia”. Raffaella Paita, laconica: “Noi siamo orgogliosi di avere provato a cambiare in meglio il Paese. Grazie Matteo”. Pippo Rossetti: “preoccupato per la prossima stagione del paese, che sarà dominata dall’instabilità, con ripercussioni economiche, ritardi sulle riforme, debolezza internazionale. Ma ieri ha vinto la partecipazione e la democrazia”, per citare alcuni al vertice.
Ma nel Pd si sa non mancano le eccezioni. La sveglia di Simone Regazzoni, unico candidato alle primarie, neanche a dirlo, è tranchant.
“Auspico che tutti coloro che a Genova, nel Pd, si richiamano a Matteo Renzi comincino a parlare e dicano no a questo abbraccio mortale con chi, fino all’altro ieri, ci accusava di aver sostenuto una riforma autoritaria e che, ieri, ha festeggiato insieme alla peggiore destra la caduta del governo Renzi – scrive sul suo profilo stamani – Adesso non è più tempo di attendere. Ora ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità politiche e dire se il suo obiettivo primario è abbracciare Rete a sinistra e Sinistra italiana, dichiarando che la caduta del governo Renzi non cambia nulla, oppure provare a costruire, nel Pd, una candidatura e una strategia in grado di parlare alla città. E’ indubbio: dobbiamo recuperare consenso nelle fasce popolari. Le fasce popolari non votano Rete a sinistra ma Lega o 5stelle. O capiamo questo o verremo spazzati via insieme ai Pastorini vari e ai cocci sparsi della vecchia sinistra da museo”.
C’è poi chi come Simone Mazzucca “grida” al futuro rubato, o chi come Roberta Morgano, più caustica: “Il chirurgo direbbe: intervento riuscito, il paziente è morto”.
E poi la la base in cui, tra commenti e post al veleno, covano le ceneri: “Un’altra occasione persa per il nostro paese, un occasione di rinnovamento mancata – scrive un militante a ponente – Penso che i Costituenti si stiano rivoltando nella tomba a vedere esultare gente come Brunetta, penso ai Partigiani veri che vedono ANPI, Casapound ed estrema destra esultare insieme. Penso che la maggioranza oltre a non aver letto la riforma non abbia neppure perso tempo a leggere il quesito sulla scheda. Come sempre un paese di pecore”. O più sinteticamente: “Mò ve lo meritate proprio un governo tecnico fatto da Salvini, Brunetta e Verdini con con quel coxxx Di Maio premier. Un carnevale di Rio proprio”.
E c’è anche chi, sulla scia del Premier, lascia l’incarico: il consigliere di Municipio Media Valbisagno, Mattia Marchesi ha rassegnato le sue dimissioni “Nel mio municipio e nel mio quartiere il no ha stravinto (come da pronostico). Ma in queste foto potete vedere che il no non ha vinto ovunque, persino a Genova. A voi le conclusioni”.
Nell’attesa di capire cosa succederà stasera nella segreteria Pd di stasera, di vedere gli scenari nazionali e quelli locali, c’è anche chi prova a ricompattare. “I voti del Sì non sono tutti del PD così come la vittoria del No è solo in minima parte della sinistra – scrive Massimiliano Morettini – Capire allora, compagni, vuol dire innanzitutto non ripartire con la solita competizione a sinistra. A sinistra ce n’è per l’asino e per chi lo mena. E i voti che il PD perde nei quartieri popolari, sfortunatamente sono raccolti solo in minima parte dalle forze politiche a sinistra del PD. Parliamoci tutti, velocemente: sinistra politica e sinistra sociale. Stare insieme è la condizione necessaria ma non sufficiente. Siamo percepiti a volte come parte del problema e non come parte della soluzione rispetto alle difficoltà di vita delle persone. Ma abbiamo tutti, le qualità per proporre un futuro migliore per Genova e per il Paese. E allora facciamolo e presto”. Tra i mi piace anche quello di Stefano Kovac e di Walter Massa. “Renzi accetta la sconfitta molto meglio di molti suoi ultras ed in definitiva è meglio di molti suoi ultras – scrive su Facebook presidente Arci – Secondo me insultare gli elettori che hanno votato diversamente da te non è una grande strategia”.