Sciopero generale

Poste, 400 in piazza contro la privatizzazione: corteo a Genova

Genova. Agg. 11.30 Fischi e sirene, i lavoratori delle Poste sono davanti alla sede centrale di via Dante a Genova. Ai colleghi che non hanno aderito allo sciopero generale urlano: “Fuori, fuori”. Una delegazione è stata ricevuta in consiglio regionale. Il corteo proseguirà poi fino alla Prefettura.

E’ partito da Principe il corteo dei lavoratori delle Poste oggi in sciopero generale per protestare contro la privatizzazione.

Circa 400 sono scesi in piazza a Genova. Il corteo partito da Piazza Principe verso le 9.30 si sta dirigendo verso il centro città, percorrendo via Gramsci, piazza della Nunziata, Corvetto e infine la Prefettura.

Al centro della protesta la decisione del Consiglio dei Ministri di quotare in Borsa un ulteriore 29,7% e del conferimento a Cassa Depositi e Prestiti del rimanente 35% del capitale, con l’uscita definitiva del Ministero dell’Economia dall’azionariato di Poste Italiane, che “muta completamente gli assetti societari e il controllo pubblico in Poste Italiane”. Una decisione assunta a breve distanza dal primo collocamento azionario di oltre il 30% effettuato ad ottobre 2015.

In piazza ci sono tutte le sigle sindacali tranne la Uil che nei giorni scorsi aveva deciso di non aderire. Le preoccupazioni dei lavoratori, spiegano i sindacati “sono legate alla ricaduta occupazionale che potrebbe avere la privatizzazione, che ha già portato pesanti tagli sul territorio con circa 130 posti di lavoro in meno tra le province di Genova e Savona. A livello nazionale 15 mila posti a rischio, è inaccettabile. Poste, per altro, continua a dire che le Città Metropolitane saranno escluse dalla riorganizzazione, ma i segnali sono opposti, ci sono zone, anche nel comune di Genova, che non ricevono la posta per giorni”.

Si rischia di perdere il recapito giornaliero, così come la chiusura effettiva di uffici postali nei centri più periferici, avvertono i lavoratori in sciopero. Ma non solo. A Genova sono stati chiusi l’ufficio di via Gramsci e quello vicino al Tribunale. La valle Scrivia è stata depauperata, con uffici chiusi o aperti a giorni alterni. “Rischiamo di fare pagare ai cittadini un’operazione che finanziariamente produce molto poco”.

“Una privatizzazione che ha il solo fine di fare cassa e recuperare qualche miliardo di euro per incidere in quantità insignificante sul debito pubblico – sottolineano SLP-CISL, SLC-CGIL, FAILP-CISAL, CONFASAL COM e UGL-COM- ma che non tiene in considerazione il ruolo sociale svolto da Poste Italiane sull’intero territorio. Già ora si assiste ai reiterati interventi di chiusura degli Uffici Postali nelle zone più disagiate e al recapito della corrispondenza a giorni alterni, scelta contestata recentemente dal Parlamento Europeo, compromettendo qualità del servizio offerto e la garanzia del servizio universale”.

Le Organizzazioni sindacali ritengono “estremamente grave e, peraltro, antieconomica, l’intera operazione di dismissione da parte dello stato, in considerazione che dal 2002 ad oggi Poste Italiane ha sempre avuto bilanci positivi e ha versato consistenti dividendi al Ministero del Tesoro, azionista di riferimento”.

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