Genova. “In Liguria esistono 120 mila persone che vivono o lavorano nelle cosiddette zone rosse: troppo vicino ai corsi d’acqua e a rischio frana. Bisogna cominciare a riflettere sulla delocalizzazione perché ci sono zone talmente pericolose in cui l’unica soluzione è quella di allontanare gli abitanti”.
E’ la proposta di Santo Grammatico, presidente di Legambiente Liguria. Significa, in parole povere, demolire decine e decine di edifici, case abitate da famiglie, anziani, locali per negozi e attività economiche. Difficile, sicuramente estremo. Però, pronunciata di fronte al disastro della frana di Quezzi, fa riflettere. Ma serve davvero un’operazione tanto vasta per tutelare la sicurezza dei cittadini?
“Nessuno parla di un esodo di massa – chiarisce Grammatico – bisogna però individuare le situazioni più critiche e lavorare su quelle. L’esempio lo abbiamo avuto a Sestri Ponente con il palazzo di via Giotto, costruito in mezzo al torrente Chiaravagna: è stato demolito con l’accordo degli abitanti. E’ complicato ovviamente e non crea consenso, ma in gioco c’è la vita delle persone”.
Servirebbero tanti soldi, ma certamente intervenire, sempre più spesso, dopo il disastro è sempre più costosto. “Qui abbiamo l’esempio dei danni che arrivano da un’urbanizzazione assolutamente folle e che adesso cominciamo a pagare. Queste situazioni non sono più episodiche, ma decisamente ricorrenti”.