Genova. Felicità proprio no, c’è però tanta commozione dopo la sentenza per i fatti dell’alluvione del 2011. E’ quella dei familiari delle sei vittime, travolte dall’acqua, per colpa, secondo l’odierna decisione del tribunale, dei massimi responsabili del Comune di Genova.
Lacrime, abbracci, qualche parola con i cronisti. C’è Flamur Djala, che nell’alluvione ha perso la moglie Sphresa e le figlie Gioia e Gianissa, a sospirare. “E’ andata, direi che va bene. Ha parlato il giudice e ha dato loro quello che meritavano. Fosse per me avrei dato di più, naturalmente. Mi fa piacere che la situazione sia cambiata, vedo le nuove misure che scattano durante le allerte e spero che la situazione del 2011 non si verifichi più, soprattutto nella Genova che tanto amo. Sicuramente la mia famiglia poteva essere salvata”.
Serena Costa aveva 19 anni. Cinque anni dopo parla suo padre Marco Costa: “Vengono naturalmente a galla ricordi che ci portiamo dietro. Abbiamo ottenuto un minimo riconoscimento delle responsabilità di quanto accaduto e spero che la sentenza li faccia crescere interiormente. E’ importante che adesso le scuole si chiudano, se si fosse fatto allora molte vittime di quella alluvione ora sarebbero vive: però si può ancora fare molto di più”. “In comune non sono riusciti a capire cosa stava succedendo – aggiunge Rosanna, la mamma di Serena – e noi eravamo tutti per strada ignari di ciò che stava per succedere. Forse con un po’ meno presunzione e un po’ più di ascolto del territorio oggi mia figlia sarebbe qui, non lo so”.
Soddisfatto l’avvocato della famiglia Costa, Emanuele Olcese: “E’ stato fatto un buon lavoro – ha commentato subito dopo la fine dell’udienza – e la sentenza rispecchia il buon lavoro che è stato fatto. Il giudice ha interpretato personalmente le richieste del pubblico ministero ma nel complesso l’impianto ha tenuto in maniera solida”.
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