Genova. “E’ anche giusto che faccia così tanto l’ho ammazzato”. Lo dice Claudio Borgarelli, nipote di Albano Crocco confessando fra sé e sé tra le mura della sua villetta nel bosco di Craviasco piena di ‘cimici’ dopo la perquisizione dei carabinieri l’omicidio dello zio. Borgarelli ricostruisce a voce alta i dissidi, dovuti in sostanza al fatto che lui voleva vietare allo zio, ma anche ad altri, il passaggio in auto nel vialetto di sua proprietà per accedere al bosco.
Aveva messo recinzioni e paletti, che poi lo zio aveva tolto, una volta addirittura Albano Crocco era caduto dalla moto a causa di quegli stessi paletti. Quella mattina dell’11 ottobre quando lo zio è arrivato e ha parcheggiato la sua auto proprio davanti a casa sua la lite è degenerata.
In un’altra frase Borgarelli dice “Quindi uccidere te, con il rischio di fare fare quello che ho fatto, uccidere” riferito agli altri che continuavano a passare nella sua proprietà.
Ma oltre alle intercettazioni ambientali ci sono altri elementi che hanno convinto il gip Paola Faggioni a firmare l’ordinanza di custodia cautelare dopo la richiesta presentata 12 giorni fa dal sostituto procuratore Silvio Franz che ha portato Borgarelli oggi in carcere.
Ai carabinieri, ricostruendo i suoi spostamenti della mattina del delitto, lui ha sempre detto di aver gettato dei rifiuti non lontano dalla sua abitazione. Invece ci sono delle telecamere di sorveglianza che lo immortalano mentre getta tre sacchi in due diversi cassonetti in alta Valbisagno. Lì probabilmente erano contenuti la testa di Albano Crocco, decapitato con un machete affilato, e il machete stesso. Nè la testa né l’arma del delitto sono mai stati ritrovati. Perché Borgarelli, preciso nei dettagli su tutto il resto, non ne ha mai parlato?
Ancora in uno dei frame delle telecamere di sorveglianza che lo stesso Borgarelli ha fornito ai carabinieri, perché sono quelle di casa sua, si vede l’infermiere 55 enne, intorno alle 10, con in mano da un lato un grande sacco della spazzatura. In un altro frame avrebbe si noterebbe un braccio rigido, con un rigonfio sotto il giubbotto: lì secondo gli investigatori, ci sarebbe il machete utilizzato per uccidere lo zio.
E’ un machete diverso da quello sequestrato da i carabinieri della cui esistenza gli investigatori hanno avuto la certezza grazie a una vecchia foto dello stesso Borgarelli, in cui portava alla cintura un machete diverso da quello sequestrato. Nell’immagine ritratta in cortile dalle sue stesse telecamere inoltre Borgarelli ha addosso una tuta che non è mai stata ritrovata dagli investigatori e diversa da quella che indossa qualche ora più tardi.
Borgarelli finisce in carcere a due giorni dal funerale di Albano Crocco, che si terrà sabato pomeriggio. Da Parma intanto si attendono gli esiti dell’esame del Ris sugli oggetti sequestrati allo stesso Borgarelli e sul confronto del dna che potrebbe trovarsi sul giubbotto dello zio. Ma se per Borgarelli non esisteva un pericolo di fuga, visto che ha continuato ad andare regolarmente al lavoro, l’efferatezza del delitto e la possibilità di una reiterazione del reato hann convinto il gip ad emettere l’ordinanza di custodia cautelare.
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