Le indagini

Omicidio Molassana, il ‘trio’ Di Maria, N’Diaye e Beron responsabile di altri episodi violenti

La squadra mobile interrogherà il colombiano Beron, l'unico che avrebbe finora fornito informazioni credibili

Sparatoria a Molassana, un morto

Genova. Sarà ascoltato presto dal pm Silvio Franz insieme agli investigatori della squadra mobile Cristian Beron, il colombiano incensurato arrestato martedì per rapina aggravata in concorso reato che avrebbe commesso insieme ai ‘soci’ Davide Di Maria e Marco N’Diaye ai danni di due trentenni genovesi il 16 settembre e collegato all’omicidio dello stesso Di Maria avvenuto il giorno successivo nell’appartamento di N’Diaye a Molassana. La rapina infatti sarebbe nata dall’urgente bisogno di soldi da parte del trio che aveva un debito con Guido Morso.

E quell’episodio non sarebbe isolato visto il disperato bisogno di soldi dei ‘ribelli’: ci sono altri casi di rapina o estorsioni al vaglio degli investigatori che non escludono ulteriori arresti o colpi di scena. Gli inquirenti vogliono sentire il colombiano perché finora sarebbe fra tutti gli arrestati (tutti i presenti sulla scena del crimine sono finiti in carcere) a fornire le informazioni considerate più credibili. Anche perché Beron, di tutti appare il personaggio meno violento: non partecipa attivamente al pestaggio dei due genovesi (anche se è lui a ritirare i soldi con la carta di credito sottratta a uno dei due) e anche quel sabato pomeriggio quando scoppia la zuffa tra i due Morso, il ‘gigante’ N’Diaye e Davidino scommesse che si trasforma presto in omicidio, lui rimane defilato in un angolo.

Ogni elemento che si aggiunge all’indagine convince sempre più gli investigatori che è stato Guido Morso a portare il coltello e h sferrare il fendente al cuore del 28 enne. Quando? probabilmente dopo che l’arme si è inceppata e tra i due è scoppiata una zuffa. Lo stesso coltello intriso del sangue del 28 enne viene utilizzato per colpire alle gambe N’Diaye che in quel momento si trova sopra Enzo Morso e lo sta colpendo con il calcio della 357 magnum.

Dopo aver colpito il senegalese e “liberato” il padre ferito i due raccolgono le due pistole, quella in mano a N’diaye e la 7.65 che si era inceppata e il coltello e scappano. Poi Guido Morso quando si costituisce 24 ore dopo fa ritrovare le due pistole ma non il coltello. Perché? Perché nel frattempo apprende dalla stampa che Di Maria sarebbe stato ucciso con un colpo d’arma da fuoco. Lui sa benissimo che non è così e quindi si accolla di aver sparato a Di Maria ma non parla del coltello. E sa benissimo che senza l’arma del delitto, sarà difficile provare che è stato lui a sferrare il colpo mortale.

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