Genova. Hanno minacciato e picchiato due giovani genovesi che abitano nella zona di Marassi il giorno prima dell’omicidio di Molassana allo scopo di farsi dare 5 mila euro. I protagonisti sono il colombiano Cristian Beron, il senegalese Marco N’diaye e Davide di Maria, che morirà il giorno successivo con una coltellata al cuore. Gli uomini della squadra mobile di Genova diretta da Annino Gargano li hanno arrestati ieri per rapina pluriaggravata e indebito utilizzo di carta di credito. N’diaye in realtà ha ricevuto la nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere dove si trova per il possesso di arma da fuoco e ricettazione.
E’ questo il nuovo capitolo dell’omicidio di Molassana, avvenuto il 17 settembre scorso e che vede indagati per omicidio in concorso Guido e Vincenzo Morso, in un contesto ancora tutto da chiarire.
I fatti
Ventiquattr’ore prima dell’omicidio, precisamente venerdì 16 al pomeriggio, un 28 enne di Marassi si reca al San Marino con il volto tumefatto e un timpano bucato. In un primo momento dice di essere stato picchiato da tre extracomunitari sconosciuti, ma ben presto gli investigarori capiscono che non è così. A picchiare e a minacciare di morte lui e un amico, in un box di Marassi sono N’Diaye, Beron e Di Maria. I due genovesi erano consumatori di hashish e qualche volta di sarebbero riforniti dal ‘trio’. Questa volta però succede qualcosa di diverso. Vengono contattati per un appuntamento lì trovano i tre che gli dicono che devono comprare 5 mila euro di fumo.
“Genova è nostra”
Al loro rifiuto vengono minacciati, derubati e picchiati. A uno dei due Ndiaye prende anche la carta di credito con cui ritirare 600 euro mentre gli ‘amici’ restano di guardia. Poi gli svuotano i portafogli per circa 350 euro complessivi e gli dicono che si sarebbero dovuti rivedere il lunedì successivo per dare loro i 4 mila euro rimasti. Quando il 28 enne il lunedì va all’appuntamento non trova nessuno. Nel frattempo dai giornali scopre che Davide di Maria, uno di quelli che lo ha minacciato e aggredito, è stato ucciso. Non solo. Sul cellulare di N’Diaye, quando verrà arrestato per la pistola, gli investigatori trovano la foto della carta di identità di una delle vittime. Ancora, mentre minaccia e pesta i due, Ndiaye, avrebbe urlato : “Genova è nostra” in relazione al
Il collegamento con l’omicidio
Alle 12 di quello stesso venerdì 16 settembre, i tre incontrano Guido Morso in piazza Alimonda. E’ il primo incontro chiarificatore rispetto al debito che il trio deve ai Morso che si presume possa essere intorno ai 10 mila euro. Li viene deciso anche l’appuntamento per il giorno dopo a casa di N’Dyaie a Molassana. Quello che gli investigatori immaginano è che i tre, dopo aver parlato con Guido Morso siano alla caccia disperata di denaro. Hanno bisogno urgente di soldi da dare ai Morso per questo contattano potenziali clienti. Al vaglio degli investigatori ci sarebbero anche altri episodi.
Dopo la rapina, con circa mille euro in tasca i tre si calmano in vista dell’appuntamento del giorno dopo. Sono convinti di poter tenere buono Guido Morso con un anticipo e restituire il resto con calma. Ma succede qualcosa e l’arrivo di Enzo Morso spariglia le carte.
Gli interrogativi
Su quello che succede in quell’appartamento si attende ancora la versione del più anziano dei Morso che questa mattina sarà sentito dal gip Baldini nell’interrogatorio di garanzia. Fornirà un’ulteriore versione rispetto a quanto ricostruito finora? E Dov’è il coltello che ha ucciso Davidino Scommesse? Chi lo ha portato in quella casa? Perché Guido Morso che si era autoaccusato di aver sparato da Davidino uccidendolo e aveva fatto ritrovare le armi non ha fatto trovare anche il coltello che solo dopo si è rivelata l’arma del delitto? Ancora tanti interrogativi che solo il prosieguo delle indagini potranno sciogliere