Tuffo nella storia

Festival della Scienza: alla scoperta del “Gyptis”, fedele replica della barca dei pescatori di coralli

gyptis

Genova. E’ una replica navigante di una barca greca del VI a.C. Il “Gyptis”, lungo 9,85 metri e largo 1,88 metri, è una della “star” del “Festival della Scienza” di Genova. E’ in bella mostra nello spazio espositivo aperto al Porto Antico curato dall’”Atena CuMaNa” di Genova, un gruppo di professionisti e studiosi che hanno promosso la nascita di un’associazione che ha riunito storici marittimi, nautici e navali, architetti e designer nautici, archeologi navali e marittimi, esperti di restauro di imbarcazioni storiche, ma anche ricercatori subacquei, ingegneri navali ed esperti di robotica marina, afferenti ad atenei italiani, in particolare proprio all’Università di Genova, ed esteri, al Cnr. Grazie all’Atena si può scoprire questo tesoro di inestimabile valore. Per la prima volta il Gyptis è uscito dal porto di Marsiglia per approdare sotto la Lanterna, non via mare, ma via terra. La barca è in ottimo stato, ma è improbabile organizzare un viaggio via mare dalla Francia al capoluogo ligure a remi o a vela. L’imbarcazione è arrivata, invece, su un comodo carellino via autostrada, grazie al progetto dell’archeologa Laura Sanna.

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Il “Gyptis” è una piccola barca a vela da pesca. Simbolo dell’espansione marittima dell’antica Grecia. Basti pensare che la fedele riproduzione è stata realizzata da maestri d’ascia utilizzando materiale rigorosamente dell’epoca: dallo scafo alla vela, dai remi alle cime. Nessun chiodo, ma cuciture che rinforzano il guscio al suo interno e rendono il Gyptis un’imbarcazione ideale per la pesca. Era quello il suo impiego principale per la flotta ellenica e per i suoi pescatori di corallo. Un capolavoro della nautica venuto alla luce grazie allo studio dell’équipe di archeologia navale del Centre Camille Jullian (MMSH – Aix-Marseille Université- CNRS) che voleva far rivivere e navigare di nuovo una di queste imbarcazioni costruite dai discendenti dei primi coloni focesi. Più che una semplice ricostruzione in scala reale, si è trattato di un vero progetto di archeologia sperimentale fondato su rigorose basi scientifiche.

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L’équipe del Centre Camille Jullian, sotto la guida di Patrice Pomey, si è infatti impegnata nella realizzazione di questa fedele riproduzione del relitto. L’originalità del metodo sperimentale risiede anche nel suo approccio etnografico. Di barche “cucite” ne vengono costruite tradizionalmente in molti luoghi del mondo, nell’Oceano Indiano, per esempio, dove i sistemi e le tecniche di giunzione attuate nei loro principi ricordano quelli che si trovano su antiche navi greche. E i maestri d’ascia francesi hanno sfidato se stessi cercando di trovare e capire i principi e i processi dell’antica costruzione navale. Il Centro Camille Jullian “Mediterraneo e dell’Africa Archeologia” è una componente importante della Casa del Mediterraneo di Scienze Umane (Aix -en-Provence). Fondata nel 1975 dall’ex Istituto di Archeologia Mediterranea, ha eredito la prima squadra scientifica francese dell’archeologia subacquea “Research”, fondata da André Tchernia nel 1968. Da allora ha sviluppato la sua ricerca dell’antichissima archeologia navale e marittima diventando l’unico laboratorio in Francia con un team di ricerca, il Centro Camille Jullian, che ha in questo campo una reputazione internazionale.

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