170 anni

L’appello del direttore di Villa Pallavicini: “Si riapre, ma serve un mecenate per portare avanti i restauri” fotogallery

Silvana Ghigino chiama a raccolta i possibili mecenati perché i lavori che hanno riportato alla loro bellezza originale i manufatti del parco, uno dei più importanti d'Italia, non si possono fermare

Genova. “Faccio un appello oggi, è lo ripeterò per i prossimi decenni, perché abbiamo ancora molti edifici da recuperare perché possano tornare a parlare e a raccontare la loro parte in questa grande commedia. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci possa sostenere”. Silvana Ghigino, direttore del parco di Villa Pallavicini chiama a raccolta i possibili mecenati perché i lavori che hanno riportato alla loro bellezza originale i manufatti del parco, uno dei più importanti d’Italia, non si possono fermare. Ci sono, infatti, materiali deteriorabili, come il legno, dei quali bisogna prendersi cura anche se, per riuscirci, non servono grandi cifre. Un esempio è rappresentato dal “chiostro delle rose” del quale è rimasta solo la porta, mentre si sono totalmente deteriorate le persiane. “Basterebbero solo diecimila euro per rimettere a posto questo gioco di luci e ombre – spiega Ghigino – fatte dalle persiane mentre cascano le gocce dei giochi d’acqua che abbiamo ripristinato”.

In attesa di un investitore, comunque, il parco della Villa Durazzo Pallavicini di Pegli riapre al pubblico da venerdì prossimo. Una data altamente simbolica, 170 anni dopo l’inaugurazione avvenuta il 23 settembre 1846. La villa, voluta dal marchese Ignazio Pallavicini, è rimasta chiusa per tre anni per consentire i lavori di restauro del tempio di Flora, del castello e del mausoleo del capitano, dell’obelisco egizio, della tribuna gotica, del ponte romano, del chiosco turco e della pagoda cinese e restituire al pubblico l’affascinante percorso ideato da Stefano Canzio.
Grazie a questi lavori, costato circa 4 milioni di euro, i visitatori potranno nuovamente percorrere tutta la parte alta del parco, dove, dal Castello del Capitano, si gode una magnifica vista a 360° che comprende l’arco appenninico, il monte di Portofino e il mare ligure fin oltre Capo Noli.

Il percorso di Villa Pallavicini inizia quasi come Alice, che, attraversando lo specchio, si trova in un mondo capovolto. Qui basta superare l’arco di Trionfo, posto all’inizio del parco, per ritrovarsi catapultati, non solo metaforicamente, in un percorso iniziatico concepito come un’opera teatrale in tre atti ognuno composto da quattro scene, preceduti da un prologo e un antefatto e conclusi con un esodo finale che si snoda su circa otto ettari e tra vegetazione esotica laghi, cascatelle, ruscelli, fontane e da architetture da giardino in stile neoclassico, neogotico, rustico, orientale ed esotico.

Un racconto particolarmente avvincente, anche perché a idearlo e’ stato Stefano Canzio, architetto di punta del teatro Carlo Felice, che ha studiato un racconto con due chiavi di lettura, quella più semplice, di stupore e divertimento, e una più criptica, che dissimulerebbe il racconto esoterico dell’iniziazione massonica. Una lettura che era riservata solo a pochi eletti che facevano visita al marchese, che non aveva mai confermato la sua appartenenza alla massoneria, e che venivano guidati fino alla geotta oscura, considerato l’ultimo passaggio della purificazione.

Il percorso comunque, inizia non l'”Arco di Trionfo” che segna la fine del prologo ed immette alla zona del primo atto, incentrato sulla Natura. Qui il primo “colpo di teatro” del Canzio. Usciti dalla struttura, infatti, si volge lo sguardo all’indietro per scoprire che l’architettura in realtà è un casolare rustico, che avverte che dall’ambiente cittadino si passa alla quiete della natura. Il viaggio prosegue tra piante molto particolari, come il bosco delle Camelie. Una delle più antiche collezioni italiane. Da qui si risale la collina per giungere prima al lago e la sorgente, che secondo il racconto, rappresenta il graal.

Alla sommità della pineta inizia il secondo atto. Finte rovine medioevali rappresentano il succedersi della Storia: la cappelletta gotica della Madonna, il castello, il mausoleo del Capitano, le tombe degli Eroi e la casa colonica rievocano epici eventi ispirati al mondo cavalleresco, mito della cultura romantica. E poi il maestoso castello, a base quadrata con una torre centrale cilindrica, con affrescato, arredi e vetrate che introducono a un panorama mozzafiato al quale si accede attraverso una strettissima scaletta.

Superate le tombe degli eroi e il mausoleo del capitano, inizia un percorso ripido e tortuoso che porta al terzo atto, quello della purificazione. Sulla strada si incontrano le giostre ottocentesche, con una sorta di ruota panoramica, il labirinto fino ad arrivare al Lago grande, immagine del Paradiso dove la maestria scenografica del Canzio si mostra in tutto il suo splendore. Al centro del lago lo splendido tempietto neoclassico dedicato a Diana , affianco la pagoda cinese, alla quale si accede attraverso un ponticello in ferro in stile orientale. Il percorso poi prosegue attraverso l’obelisco egizio e il tempio turco, fino al Casino di Flora, una costruzione a pianta ottagonale ornata di stucchi e vetri colorati e con all’interno un gioco di specchi contrapposti che dilata all’infinito l’immagine del soggetto al centro della sala. Da qui riprende la discesa fino all’uscita della villa.

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