Genova. “Non accetteremo nessuna procedura di avvio della cassa integrazione senza un accordo per i lavori di pubblica utilità come previsto dall’accordo del 2005”. Lo dice forte e chiaro l’rsu dell’Ilva in una nota unitaria dopo che l’azienda ha formalmente chiesto al ministero del lavoro il rinnovo degli ammortizzatori sociali per lo stabilimento di Cornigliano che scadono il 30 settembre. Come già ieri il segretario della Fiom genovese Bruno Manganaro aveva anticipato a Genova24, i lavoratori dell’Ilva e i sindacati non vogliono sentir parlare di cassa integrazione che non sia collegata a un’integrazione del reddito attraverso gli lpu, come è avvenuto fino ad ora. Perché fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.
Il sottosegretario alla presidenza del consiglio Claudio De Vincenti, una settimana fa a margine della festa del Pd aveva aveva incontrato i sindacati di Ericsson, Piaggio ed Ilva aveva rassicurato questi ultimi circa la validità dell’accordo di programma fino alla vendita del gruppo. Poi, aveva aggiunto, con il nuovo acquirente andrà ridiscusso quell’accordo che ormai ha oltre 10 anni. Ma in quell’incontro nessuno ha chiarito chi dovrà mettere i 4 milioni di euro necessari a finanziare i lavori socialmente utili per circa la metà degli attuali 1600 dipendenti Ilva. Visto che le parole spese da De Vincenti su Ericsson e Piaggio hanno avuto il valore che è oggi sotto gli occhi di un’intera città, ora l’Ilva, a poco meno di 20 giorni dalla scadenza dei contratti di solidarietà, scalda i motori della protesta.
Non solo. C’è un passaggio nella lettera tecnica che Ilva ha inviato al governo per chiedere la cassa integrazione che non piace proprio ai sindacati. Il passaggio è questo: “”Al di là della scarsa fungibilità delle figure interessate dalle riduzioni di orario, le eccedenze di personale sono state oggetto di successivi interventi di riduzione da oltre un decennio non trovando più rispondenza con altrettante mansioni/postazioni di lavoro in azienda, rendendo di fatto impraticabile l’effettiva ripresa dell’attività lavorativa nei termini previsti dalla nuova normativa di Cds”.
In pratica si dice che ci sono decine/centinaia di lavoratori che sono fuori dal processo produttivo da troppi anni e che risultano difficilmente ricollegabili, Questo sul breve termine avrebbe come conseguenza il fatto che l’azienda vorrebbe tenere in cassa questi lavoratori e non altri e per questo sembra preferire il ricorso alla cig rispetto allo strumento dei contratti di solidarietà (che prevede una rotazione di tutti i dipendenti). Ma questo potrebbe essere anche una sorta di messaggio trasversale al nuovo acquirente dell’Ilva che arriverà nelle intenzioni del Governo tra la fine dell’anno e l’inizio del prossimo. Come dire: quando il compratore dell’Ilva dovrà definire i livelli occupazionali, su Genova gli esuberi potrebbero corrispondere a quei lavoratori (400? 500?) che già da anni sono in cassa integrazione e che non sarebbero quindi ‘ricollegabili’ nel gruppo.
“Contestiamo il riferimento alle figure professionali che non trovano più rispondenza nelle attività lavorative come accadeva con i contratti di solidarietà” scrive l’rsu che parte all’attacco: “Combatteremo con tutte le nostre energie ogni soluzione che abbatta il reddito dei lavoratori e metta in serio dubbio i posti di lavoro e chiediamo che si avvii subito, come chiediamo da mesi, un confronto serio sulle risorse per proseguire i lavori di pubblica utilità“.
Facile che a questo punto i sindacati, e se quando sarà convocato un tavolo ministeriale, chiederanno chiarimenti anche sul futuro.