Dibattito

Profughi, Regazzoni e Raggi: “Genova ha già fatto la sua parte. No a nuovi arrivi”

Dibattito a sinistra: "Dobbiamo smettere di essere ossessionati dal terrore di essere definiti di destra"

Genova,  i profughi arrivano nella struttura di Quarto

Genova ha già fatto la sua parte. Ora è tempo di fermarsi per provare a gestire la situazione. A dirlo sono gli esponenti Pd Simone Regazzoni e Giovanni Battista Raggi. Mentre i numeri certificano che il sistema cittadino di accoglienza è alle corde, prosegue il dibattito interno alla sinistra sul tema dell’immigrazione e dell’accoglienza.

“Fino ad oggi, a fronte di un problema di sempre più difficile gestione, la sinistra – spiegano – ha ripetuto il mantra dell’accoglienza senza avere il coraggio di dire dei no, di ribadire l’utilità del concetto di frontiera, di considerare la valenza positiva dell’idea di comunità. È così che siamo diventati una sinistra di raffinatissimi intellettuali, ma senza popolo: a forza di ripetere giusti discorsi universali senza prenderci la responsabilità di calarli nella realtà concreta delle nostre città, in particolare delle periferie. Da qui la distanza tra i nostri discorsi e il mondo della vita delle persone. Certo: ci sono le difficoltà socio-economiche. Ma pensare che l’immigrazione non sia parte del problema significa non capire ciò che accade”.

Posizione che, al tempo stesso, rifiuta l’etichetta di “destra”. “Dobbiamo smettere di essere ossessionati dal terrore di essere definiti di destra – continuano Regazzoni e Raggi – solo perché cominciamo a dire cose di buon senso che hanno consenso popolare. E dobbiamo dimostrare che una nuova sinistra è consapevole di un fatto: reali processi di integrazione necessitano regole, limiti e capacità di dire dei no”.

“Questo è quello che oggi dobbiamo dire chiaro a Genova. La situazione dell’accoglienza nella nostra città – concludono – è al limite. Oggi i numeri dicono che Genova non può accogliere altri profughi. Saper dire di no a nuovi profughi è oggi un atto di responsabilità politica. Perché non c’è integrazione possibile, e nemmeno accoglienza dignitosa di queste persone, se le strutture sono sovraccariche”.

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