Genova. Perplessità sia sui contenuti del piano industriale 2016/2020, sia sull’avvio contrattuale per negoziare le ricadute del piano su lavoratrici e lavoratori, “con queste modalità”. E’ quanto esprimono Cgil e Fisac sulla situazione Carige dopo gli avvenimenti delle ultime settimane.
Il 6 luglio, infatti, il nuovo cda di Banca Carige ha presentato ai sindacati il piano industriale 2016/2020. Obiettivo dichiarato del documento è il risanamento dell’azienda attraverso investimenti, sviluppo dei canali digitali, riduzione del perimetro di attività (territori e settori), chiusura di 106 sportelli, esternalizzazione di attività informatiche, diminuzione degli organici.
Il 13 luglio poi l’Azienda ha aperto la procedura contrattuale per negoziare le ricadute del piano su lavoratrici e lavoratori, procedura proseguita con l’incontro del 19. “Da queste due riunioni non sono emersi dati significativi e sufficienti, tali da consentire di poter svolgere il ruolo contrattuale affidato al sindacato”, spiega la Cgil in una nota.
In particolare ciò che preoccupa l’organizzazione sindacale è l’impatto occupazionale: la perdita secca di 500 posti di lavoro che giunge dopo i tagli dei precedenti due piani industriali presentati dal 2014 a oggi. “E’ un costo pesantissimo per i territori coinvolti – si legge nella nota – E non rassicura la prospettiva di un’azienda posizionata solo su Toscana del Nord e Liguria cosa che non farà rinascere la Banca dei Territori, essendo nei fatti incompatibile con la necessaria riduzione dei NPL (non performing loans), ossia i crediti deteriorati”. Perplessità anche sul progetto di esternalizzazione di attività informatiche “in contraddizione con l’enfasi posta dal piano sullo sviluppo dei canali digitali, oltre che porre problemi di depauperamento professionali”.
“Per poter parlare di progetto di rilancio della Banca non basta tagliare i costi ma bisogna che tornino a crescere i ricavi – incalza la Fisac genovese – Per fare questo servono risorse fresche per promuovere gli investimenti necessari a garantire la continuità d’impresa. Non ci pare che il piano industriale sia in grado di rispondere a queste istanze, con la conseguenza per l’Azienda di essere costretta a ottemperare in tempi brevi alle prescrizioni della BCE che chiedono di ricapitalizzare e di andare ad una aggregazione che potrebbe vedere interessati soggetti estranei alle esigenze di questo territorio e della sua economia. Noi siamo pronti a fare la nostra parte ma ci vuole chiarezza sulla strada da percorrere”.