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Lavagna, tra paura e voto di scambio. I rapporti tra politica e ‘ndrangheta

Arrestati in 8: tra loro il sindaco Giuseppe Sanguineti. Indagato il suo vice

Lavagna. E’ in corso dalle prime ore della mattina la vasta operazione della Polizia condotta dalla Squadra Mobile di Genova e dal Servizio Centrale Operativo che ha visto numerosi arresti e perquisizioni a carico di soggetti indagati per associazione a delinquere di stampo mafioso, ritenuti appartenenti alla ‘ndrangheta calabrese ma da anni residenti in Liguria, e in particolare nel levante di Genova, attivi nel traffico illecito di rifiuti e di stupefacenti, usura, oltre che nel riciclaggio di denaro di provenienza illecita con la conseguente intestazione fittizia di beni e società.

Otto gli arrestati a Lavagna: sottoposto agli arresti domiciliari, anche il Sindaco di Lavagna, Giuseppe Sanguineti, eletto nel maggio 2014, con la lista civica Movimento per Lavagna, vicino al centrodestra. In manette anche Massimo Talerico, consigliere comunale con delega al Patrimonio e Demanio, eletto con la lista civica Movimento per Lavagna (la stessa del sindaco) e l’ex parlamentare Gabriella Mondello eletta col Pdl nella passata legislatura e poi passata all’Udc, che non svolge più alcun incarico pubblico. Anche nei loro confronti il Gip ha disposto gli arresti domiciliari. Sono indagati a vario titolo di abuso d’ufficio in concorso, e voto di scambio in concorso.

Gli altri cinque arrestati, condotti in carcere, sono i componenti di due famiglie. Si tratta dei fratelli Paolo, Antonio e Francesco Nucera, e dei fratelli Francesco Antonio e Antonio Rodà. Due persone hanno l’obbligo di residenza: Giovanni Nucera di Antonio e Massimiliano Arco.

Gli indagati sono in tutto 23. Tra di loro anche il vicesindaco di Lavagna, Luigi Barbieri, con delega su Ambiente, Edilizia Privata, Urbanistica e Rosario Lobascio, dimessosi in aprile dall’incarico di assessore alla Viabilità. Indagato anche l’ex consigliere regionale Giovanni Boitano, ex assessore ai lavori pubblici della giunta di Claudio Burlando. Secondo l’accusa i politici si sarebbero sdebitati del appoggio elettorale ricevuto attraverso una serie di abusi d’ufficio.

Secondo gli investigatori, i capi della ‘locale’ sarebbero Paolo Nucera e Francesco Antonio Rodà. Ai politici viene mossa l’accusa di abuso di ufficio in concorso legato al trasporto e allo stoccaggio di rifiuti nel sito temporaneo di via Madonna della Neve, che le famiglie dei calabresi indagati avrebbero ottenuto, secondo l’accusa, con pacchetti di voti in cambio di appalti. L’appalto era stato assegnato ad una impresa di Udine che avrebbe ricevuto pressioni dal sindaco Giuseppe Sanguineti per subappaltare il servizio alla società EcoCentro dei Nucera. Secondo l’accusa i rifiuti urbani solidi raccolti nel comune di Lavagna destinati alla discarica di Scarpino a Genova, all’epoca ancora funzionate, venivano mescolati con rifiuti speciali che invece sarebbero dovuto andare in un’altra discarica. In alcuni casi venivano smaltiti in modo irregolare rottami di motori marini e barche, che venivano inglobati per fare peso e guadagnare di più.

Sempre secondo l’accusa, l’appalto, scaduto, sarebbe stato quindi rinnovato in modo irregolare con forti pressioni sui politici che temevano le reazioni delle famiglie malavitose nel caso in cui non avessero fornito i servizi richiesti. In una intercettazione contenuta nell’ordinanza il sindaco di Lavagna Giuseppe Sanguineti dice ad un altro consigliere comunale che occorre fare come dicono loro, “altrimenti saltiamo in aria come vent’anni fa”. Il riferimento è l’attentato ad un auto nella zona, mai chiarito.

Inoltre l’indagine ha permesso di scoprire che in cambio dei voti i clan calabresi hanno ottenuto la gestione di chioschi che affittano ombrelloni sulle spiagge del litorale. Non a caso gli inquirenti avrebbero rilevato che nell’anno 2014 i titolari di queste attività gestite dai calabresi indagati, al contrario delle altre attività del settore, non risultano mai essere stati controllati e tantomeno sanzionati per irregolarità.

Secondo l’accusa i vertici del Comune di Lavagna avrebbero omesso nella stagione 2014 i controlli “intenzionalmente e per lungo tempo” sugli stabilimenti balneari del lungomare di Lavagna, gestiti, sempre secondo l’accusa, dai referenti della famiglia Nucera e ora posti sotto sequestro.

Nel corso delle indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Genova, sono state sequestrate numerose armi da fuoco e munizioni anche ad alto potenziale e da guerra pronte all’utilizzo. Sono stati sequestrati numerosi beni mobili, immobili, depositi bancari e società oltre che il sito di stoccaggio di rifiuti di Lavagna.

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