Genova. Trentatre anni, figlio di un imprenditore genovese del ramo dell’acciaio, alle spalle alcuni gravi precedenti contro la persona e una simpatia per le idee di estrema destra di stampo neofascista. Questo è l’identikit di Giuseppe Vanore, l’imprenditore genovese implicato nel giro di combattimenti clandestini fra cani, scoperto ieri con un blitz della squadra mobile di Genova insieme ai colleghi di Imperia e Pavia, e che ha portato alla luce un allevamento abusivo con 40 cani nel comune di Rea.
Cinque denunciati: tra loro anche Vanore, segnalato dalla mobile di Imperia, osservato e pedinato a lungo. Un’indagine che da lui è arrivata poi fino a Pavia, con l’irruzione avvenuta ieri.
Alle sue spalle un passato violento. Due episodi in particolare hanno lasciato traccia sulle cronache locali e sulla sua fedina. Il primo risale al 2004, quando Vanore fu arrestato per il tentato omicidio di un amico (otto coltellate), “colpevole” di aver cercato di dissuaderlo mentre voleva picchiare un marocchino al bar.
Il secondo, due anni dopo: uno studente 25enne denunciò di essere stato picchiato da due extracomunitari, ma la verità, si scoprì poco dopo, era un’altra. Il giovane era stato provocato e poi picchiato duramente dall’imprenditore, infine minacciato di morte nel caso avesse raccontato tutto alla polizia. Per questa vicenda Vanore fu accusato di lesioni gravissime, violenza privata e minacce.
Gli anni successivi sono passati in silenzio, fino a ieri, quando il 33enne è stato denunciato per combattimenti clandestini fra cani. Nella sua casa di Ceranesi, sono stati trovati e sequestrati tre pitbull. Un quarto gravemente ferito è stato probabilmente soppresso dopo l’ultimo combattimento, nel giorno stesso del blitz.