Genova. Cresce dopo tre anni il numero di occupati in Liguria, ma peggiora la qualità del lavoro. Il segno più infatti deriva esclusivamente dalla crescita del lavoro autonomo e soprattutto dei voucher. L’analisi, sulla base dei dati Istat, arriva dall’ufficio economico della Cgil che questa mattina ha presentato il report Cgil “La Liguria e il lavoro”. In Liguria dopo tre anni di cali l’occupazione nel 2015 è arrivata a 612 mila unità con 13 mila nuovi posti di lavoro. “Dei 33 mila contratti attivati o trasformati con esonero contributivo, con i contratti a tempo indeterminato cresciuti del 64%, e 8 decreti legislativi di riforma del mercato del lavoro, abbiamo questo paradosso: gli occupati dipendenti sono uguali all’anno precedente, le Partite Iva sono calate del 14,2 % (-1.971), le collaborazioni del 27,8% (-3.173 unità), e il saldo della natalità e mortalità delle imprese in Liguria ha segnato -166, solo i voucher sono cresciuti di un altro 83 per cento sfiorando i 4 milioni di buoni venduti.
Stimiamo un impatto di almeno 12 mila addetti come media annuale e quasi 60 mila i lavoratori che hanno incassato almeno un voucher”. Per Federico Vesigna Segretario Generale Cgil Liguria è un bene che l’occupazione torni a crescere, ma “se la risposta è il voucher c’è poco da stare allegri. Non è questo il futuro che vorremmo per la nostra Regione”. Riassumendo, la crescita dell’occupazione in Liguria nel 2015 (+2.2 per cento) è il risultato di fattori contrastanti e riguarda solo il lavoro indipendente e femminile ed è concentrato nelle province di Genova e Spezia.
Chi guadagna terreno sono i servizi che rappresentano ormai il 78.6% dell’occupazione ligure: 481 mila addetti in continua crescita (e dove aumentano sia i dipendenti + 5.338, sia gli indipendenti + 8.723). Note dolenti arrivano dall’industria che rappresenta ormai solo il 19.4% dell’occupazione ligure e dove, al suo interno, il grande malato è rappresentato dal manifatturiero, sceso ben al di sotto del livello di guardia e che perde altri 7 mila occupati dipendenti. “Per convincere le imprese ad investire in Liguria – dice Vesigna – non basta la ricetta del growth act ci vuole qualcosa di più rispetto alla cancellazione dell’Irap. Ci vuole un progetto di sviluppo: il tempo passa e la Liguria non se lo può permettere”.