Urbe. “Abito in un posto isolato, tenevo la pistola in casa perché avevo paura”. Massimo Leopizzi, 51 anni, capo ultras del Genoa, nel febbraio del 2015 aveva giustificato così, davanti al gip, il possesso di un’arma clandestina trovata nella sua casa di Urbe che gli era costato l’arresto. Una vicenda per la quale, stamattina, l’uomo ha patteggiato sei mesi di reclusione e 200 euro di multa davanti al giudice Francesco Meloni.
Leopizzi, nome noto alle forze dell’ordine, era finito in manette nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Borzonasca, dove proprio nel febbraio del 2015 stato freddato il quarantenne Giovanni Lombardi. Nei giorni successivi al delitto, a Urbe, la squadra mobile di Genova aveva eseguito una perquisizione domiciliare al termine della quale era finito in manette proprio Leopizzi, trovato in possesso di una pistola clandestina (con la matricola abrasa) di marca Walther modello PPK calibro 7,65.
Secondo quanto trapelato, pare che la polizia abbia controllato il capo ultras del Genoa perché il suo nome sarebbe saltato fuori in un’intercettazione telefonica. Di qui il sospetto che il cinquantenne savonese potesse avere contatti con Mario Ubaldo, detto “Marietto”, Rossi, uno degli arrestati per l’omicidio di Lombardi.
Leopizzi comunque, al di là del possesso dell’arma, non era coinvolto nell’indagine sul delitto. Oggi ha patteggiato per la ricettazione e la detenzione dell’arma, ma anche per il possesso di 41 proiettili marca Fiocchi calibro 7,65, di cui cinque trovati all’interno del caricatore.