Il dibattito

‘Gay nei forni’, De Paoli: “Nella frase c’era un ‘non’. Mi scuso se non sono scaltro come altri”

Toti lo difende: "Dibattito astratto perché mancano le prove". Le opposizioni attaccano.

Genova. Non ripete le “scuse” il consigliere regionale leghista Giovanni De Paoli. Nell’intervento che legge in aula in consiglio regionale per ribadire che la frase incriminata “Se avessi un figlio gay lo brucerei in un forno” conteneva un “non”, dice che queste scuse “per un eventuale fraintendimento” le ha già fatte.

“Non credevo che tanta attenzione mi fosse dedicata per una risposta in un corridoio – dice il consigliere – comunque una frase di negazione. Mi impegno ad una maggiore accortezza, non è giusto stravolgere una battuta con finalità strumentali per creare una situazione equivoca” dice De Paoli che poi ripete quello che nei corridoio, con gli amici ha già detto più volte.

“Auspico che tanta attenzione venga prestata presto verso i veri e gravi problemi di questa regione, dalla disoccupazione alla fragilità del territorio, dai rincari dei servizi agli speri”. E chiosa De Paoli, giustificando lo stile, che certamente, sta creando tanto imbarazzo in maggioranza, fra gli stessi leghisti: “Gli elettori i mi dovranno perdonare se non ho la scaltrezza e la raffinatezza di certi miei colleghi, sono una persona semplice, espressione della gente comune che può essere fraintesa nelle espressioni, ma che non ha abusato né vissuto di politica”.

Prima di lui il presidente Toti ha ribadito che non si può fare un processo senza prove: “Nessuno sa cosa sia successo in quel corridoio, ma non vedo perché la parole di un consigliere leghista valga meno di quella di altre persone. Stiamo facendo un dibattito astratto, come se parlassimo di un omicidio senza cadavere”.

Intanto invece i consiglieri di opposizione attaccano il consigliere De Paoli e la giunta.

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