Liguria. “Sul caso De Paoli l’Ufficio di Presidenza non ha fatto chiarezza. Ci saremmo aspettati una sanzione netta per il consigliere della Lega Nord che aveva detto “se avessi un figlio gay lo brucerei” oppure “se avessi un figlio gay non lo brucerei” (la sostanza non cambia), ma si è preferito “graziarlo” con un’interpretazione a nostro avviso bizantina del regolamento”.
A dirlo sono Raffaella Paita, capogruppo Pd in Regione Liguria e Gianni Pastorino, capogruppo Rete a Sinistra. “Il comma 7 dell’articolo 53, infatti, dice testualmente: “Per fatti di eccezionale gravità avvenuti in Commissione o nella seduta del Consiglio ma fuori dell’Aula, il Presidente può proporre all’Ufficio di Presidenza l’interdizione e/o la sanzione di cui il comma 4”. Qualcuno però ha voluto credere che quel “fuori dall’Aula” riguardasse solo il Consiglio mentre De Paoli ha pronunciato quella frase terribile al termine di una Commissione. Noi non siamo di quest’avviso. E non lo è neppure il vicepresidente del Consiglio Pippo Rossetti che, in Ufficio di Presidenza, ha tenuto una posizione diversa rispetto a quanto è stato deciso. Una posizione su cui lo sosteniamo ad andare avanti”.
“Oltre a questo poi vorremmo che il parere del vicesegretario del Consiglio Maria Emma Vanni sul caso De Paoli venisse messo per iscritto e chiediamo anche al presidente Bruzzone di convocare la giunta per il regolamento per chiedere di esprimersi sull’interpretazione data al comma 7 dell’articolo 53. Detto questo ci riserviamo comunque di sottoporre il parere un giudizio terzo. Per noi la vicenda De Paoli non finisce certo qui. Andremo avanti finché non verrà fatta chiarezza”.