Liguria. “Una buona notizia per il nostro Paese”. Il ministro Andrea Orlando ha affidato ai social il suo commento sulla archiviazione definitiva in materia di sovraffollamento delle carceri italiane, comunicata ieri dalla Cedu, la Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Il comitato dei ministri, l’esecutivo dell’organizzazione, che ha il compito di monitorare l’esecuzione da parte degli Stati membri delle sentenze di condanna della Corte di Strasburgo, ha deciso infatti di chiudere l’esame dei casi Torreggiani
e Sulejmanovic, le due sentenze in cui la Corte dei diritti umani aveva condannato l’Italia, nel 2009 e nel 2013, per gli
spazi inadeguati dati ai detenuti nelle celle.
“E’ stato apprezzato il lavoro che abbiamo fatto, le riforme adottate e quelle in itinere, i risultati raggiunti. Il nostro Paese viene indicato dal Consiglio d’Europa come esempio da seguire nell’affrontare il tema del sovraffollamento. C’è tanto lavoro ancora da fare per rendere la pena aderente al dettato costituzionale, ma sono fiero di aver contribuito di evitare un’ onta al nostro Paese”, ha scritto il Ministro su Facebook, ringraziando “prima di tutto gli uomini e le donne della polizia e dell’amministrazione penitenziaria che in una fase difficile hanno assicurato con grande sacrificio che l’emergenza fosse gestita al meglio”.
Ma non tutti, appresa la notizia, sono dello stesso avviso. “Bene il ringraziamento del Ministro – commenta Fabio Pagani, segretario regionale Uilpa polizia penitenziaria Liguria – ma il Governo vuole far passare l’idea di un carcere diverso, moderno e sostenibile quando la verità purtroppo è ben altra. Le nostre galere sono ancora luogo di privazione, di sofferenza e di violenza. Ci sono evidenti difficoltà a garantire un puntuale servizio sanitario, qualità e salubrità degli ambienti detentivi, manca la fornitura idrica, e c’è l’impossibilità di avviare percorsi di socializzazione e reinserimento – sottolinea il sindacalista – a farla da padrona è la violenza ed in questo quadro desolante emerge in tutta la sua drammaticità anche l’insopportabile carico di lavoro sulle spalle degli operatori penitenziari”.
Pagani punta il dito sullo stato delle carceri, soffermandosi sulle aggressioni subite dal personale, partendo “dalla desertificazione degli organici della polizia penitenziaria” (mancano 8000 unità all’organico fissato per legge) alla mancanza di direttori, psicologi ed educatori.
“Oggi le nostre carceri sono sempre più città fantasma. E non illuda il dato dei 52 mila detenuti (che in ogni caso sono più dei 43mila che le strutture potrebbero ospitare). Le celle continuano ad essere sporche, umide ed insalubri – spiega – Il servizio delle traduzioni effettuato con mezzi vecchi, obsoleti e pericolosi. E nel frattempo calano sì i detenuti, ma aumentano i reati commessi dagli stessi, quest’anno raddoppiati rispetto al 2013”. Sono 1.812, un balzo rispetto al 2014 quando furono 1002.
I dati forniti dal sindacato aggravano il quadro. Devastazioni e atti vandalici sono passati da 663 nel 2013 a 955 l’anno successivo a 1.379 l’anno scorso. In forte aumento anche i casi di aggressione ai danni degli agenti da parte dei detenuti passati da 344 nel 2013, a 394 nel 2014 a 422 nel 2015. Più che raddoppiate le sanzioni disciplinari comminate ai detenuti: erano 207 nel 2013, sono state 238 l’anno dopo e 537 l’anno scorso.
Un’ulteriore spia della situazione nelle carceri la dà la cifra relativa alle risse dietro le sbarre: dalle 38 rilevate nel 2013, sono salite a 44 nel 2014 e a 53 nel 2015. Sul fronte dei suicidi, tra i detenuti ci sono stati 42 casi nel 2013, 43 nel 2014 e 39 nel 2015; a questi dati vanno aggiunti quelli relativi ai tentati suicidi, che sono stati 6.854 nel 2013, 6.889 l’anno dopo e 6.987 lo scorso anno; e quelli sugli atti di autolesionismo, con circa 6.800 episodi ogni anno. Gli agenti che si sono tolti la vita nel 2013, saliti a 11 nel 2014 e scesi a due nel 2015.
“Numeri che parlano da soli – conclude Pagani – e che sono la cifra di questa vergogna che pare non interessare a nessuno”.