Genova. Sarebbero fuggiti dall’Iran per abbandonare la religione musulmana e diventare cristiani, raggiungendo al contempo i familiari a Londra. E’ questa la versione di Karim e Shahad El Kunani, i fratelli arrestati il 31 dicembre all’aeroporto di Genova mentre stavano partendo per Londra con false carte d’identità belghe.
Tesi che non convince il pm, secondo cui i due non sarebbero due migranti ma con ogni probabilità due appartenenti a una cellula terroristica. Dopo averli interrogati, il gip ha convalidato l’arresto e applicato la custodia cautelare in carcere.
I fratelli hanno raccontato di una vera e propria odissea, non priva di elementi che insospettiscono gli inquirenti. “Siamo partiti dall’Iran e siamo arrivati in Turchia – hanno spiegato – dove ci hanno venduto i documenti falsi. Da lì siamo passati in Grecia, abbiamo risalito i Balcani e siamo passati in Austria e in Germania: è qui che ci hanno venduto i biglietti che dovevano portarci a Londra ma invece erano per l’Italia, Milano. Da Milano siamo arrivati a Genova dove siamo stati tre giorni in albergo ma non sappiamo dire il nome dell’hotel”.
“Le foto delle armi – ha detto l’uomo – me le sono scambiate con un mio amico. Siamo appassionati e da noi in Iran è normale che ci si mandi quelle immagini”.
La sorella, invece, ha raccontato di essere una infermiera e di lavorare in un ospedale ad Ahvaz, al confine con l’Iraq. Il suo racconto appare inverosimile da subito. Dice al giudice di sapere di essere nata nel 1982 ma di non ricordare il giorno e il mese di nascita. Ha poi raccontato tutto il tragitto fatto, i mezzi usati, la perdita dei documenti veri e come hanno acquistato quelli falsi.
“Eravamo a Istanbul e casualmente ci ha avvicinato un signore dicendoci che se ci servivano documenti nuovi, ce li avrebbe recuperati per 22 dollari”. Dalla Turchia hanno preso un barcone fino in Grecia dove hanno perso i bagagli e i documenti iraniani, ma non quelli belgi. E poi di essere risaliti lungo i Balcani a piedi e in treno fino all’Austria e da lì fino in Germania e poi in Italia, anche se dovevano andare a Londra. I due però non hanno fornito alcun elemento su cosa abbiano fatto per quattro giorni a Genova o, ancora, come siano arrivati da Milano in Liguria.
A insospettire il gip, sull’appartenenza dei due a una cellula terroristica internazionale, la disponibilità di denaro dei fratelli, che avevano mille euro a testa, e la facilità con cui hanno reperito i falsi documenti. Vi sarebbe poi un pericolo di fuga per cui i due devono rimanere in carcere. Per i difensori dei due, Irene Rebora e Stefano Bertone, “non c’è pericolosità sociale per tenerli in carcere”.