La lettera

Ilva, non solo tute blu. Un impiegato racconta i tre giorni di lotta: “In queste giornate noi eravamo Genova”

Il corteo dell'Ilva

Genova. Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera di un impiegato dell’Ilva e delegato Fiom che racconta i tre giorni di protesta dei lavoratori Ilva di Cornigliano del rapporto con la politica e soprattutto con la città.

Noi lavoratori ILVA siamo gente con i piedi per terra. Siamo felici del risultato ottenuto, quello di aver fatto capire all’Italia intera chi siamo, e questo ci servirà nel futuro. Ci rendiamo benissimo conto, d’altronde , proprio perchè siamo realisti, che la strada per difendere la nostra fabbrica, il nostro futuro e quello delle nostre famiglie è lunga e piena di tornanti.

Ma tutti devono sapere che per risolvere i problemi si deve partire da una condizione, quella di non ledere mai la nostra dignità. Sono state tre giornate intense per chi le ha vissute in prima persona e per coloro che ci sono stati vicino, come tantissimi cittadini genovesi hanno fatto. Lo hanno fatto applaudendoci dalle finestre delle abitazioni, ai lati delle strade, uscendo dai negozi al nostro passaggio, gli studenti interrompendo le lezioni e affacciandosi alle finestre delle aule, gli edicolanti regalandoci copie dei quotidiani nazionali che paralvano di noi.

La città, a differenza della politica, ha capito il senso della nostra lotta, molto ben sintetizzato dallo striscione esposto dalla Comunità di San Benedetto al nostro passaggio, che è semplicemente questo : LA DIGNITA’ DEL LAVORO VA RISPETTATA.

E’ stata questa semplice convinzione, semplice ma profondamente radicata in noi lavoratori, a darci la forza e a non farci sentire la stanchezza in queste tre lunghe giornate. Tre giornate in cui abbiamo percorso a piedi quasi quaranta chilometri, dormito due notti in mensa, nella fabbrica occupata, notti in cui i sentimenti di comunanza, di solidarietà, di fratellanza, si sono ulteriormente rafforzati perche ci siamo conosciuti meglio e più a fondo, momenti in cui ti rendi conto che puoi essere protagonista del tuo destino anzichè semplice spettatore o, peggio, vittima predestinata di meccanismi che schiacciano la dignità dell’uomo.

Perchè, diciamocelo pure, un decennio trascorso passando da un pezzo di ammortizzatore sociale all’altro, con la speranza di veder crescere la fabbrica che deve darci da vivere a lungo, e vedere spesso le nostre attese deluse da vicende in cui i lavoratori sono gli unici a non avere responsabilità, non è poco.

E questo la politica non lo ha capito e in certe dichiarazioni ci ha trattato come privilegiati, non rendendosi conto di cosa aveva di fronte, mentre la città ha invece capito benissimo. L’ultima giornata è stata la più difficile e la più bella. La più difficile perchè non era scontato l’esito, la più difficile perche in certi momenti carica di tensione, come quando le prime fila del corteo erano faccia a faccia con i reparti celere schierati in tenuta antisommossa con maschere antigas indossate decisi a non farci andare avanti, a non farci arrivare dove volevamo arrivare.

La più bella perchè invece là dove volevamo arrivare, siamo arrivati. La più bella perché in quei delicati momenti abbiamo dato a tutti l’idea di cosa siamo, una forza compatta e controllata nelle sue azioni, decisa ma responsabile. La più bella perché eravamo tantissimi, insieme ai lavoratori delle altre fabbriche genovesi e del porto, insieme ai militanti dell’Anpi e ai tanti cittadini che al nostro passaggio si accodavano gonfiando sempre più il nostro corteo.

Generica

C’è una foto bellissima che racchiude il senso di queste giornate, con il corteo che sfila e la Lanterna sullo sfondo. In queste giornate in cui abbiamo difeso la nostra fabbrica e il nostro futuro noi eravamo GENOVA“.

Paolo Terrizzi
impiegato ILVA
membro del Comitato Direttivo Provinciale FIOM Genova

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