Abbiamo ancora tutti negli occhi le immagini delle migliaia di piccoli azionisti e obbligazionisti che si sono visti polverizzare in pochi giorni i risparmi di una vita nel vortice dello scandalo delle banche popolari.
Sono gli effetti devastanti del famigerato Decreto Salva Banche del novembre scorso con cui il governo Renzi ha dato un colpo di spugna ai debiti degli istituti bancari in default, bruciando circa 2 miliardi e mezzo di euro, quasi totalmente derivati da azioni e obbligazioni subordinate di quasi 150mila piccoli risparmiatori.
Un provvedimento shock destinato a diventare la norma con la procedura europea di “Bail In” che prevede di far assorbire il costo del salvataggio delle banche “spazzatura” ai creditori meno garantiti, con tanto di prelievo forzoso sui conti sopra i 100mila euro.
La bufera ha, per ora, risparmiato la Liguria e la sua banca di riferimento, la Carige, che pure in questi anni è stata a un passo dal baratro, tra scandali finanziari, crolli dei titoli e ricapitalizzazioni. Parliamo di una banca legata a doppio filo alla politica ligure. Non a caso la nomina di un membro del CDA della Fondazione Carige compete proprio alla Regione Liguria.
E la stessa Carige, negli anni scorsi, è stata al centro delle polemiche per i rapporti poco chiari con la politica e per alcuni finanziamenti “facili” (Erzelli e Burlando da una parte; Porto di Imperia e Scajola dall’altra), in pieno stile bipartisan con cui i due Claudii si sono spartiti la Liguria negli ultimi dieci anni.
Da una parte il cemento. Dall’altra Carige in questi anni ha continuato ad emettere azioni, titoli e obbligazioni subordinate: le stesse al centro dello scandalo Etruria e banche popolari. Proprio come in quel caso, con le nuove normative in atto, a pagare lo scontrino finale di un decennio di finanzia creativa, in caso di default, sarebbero proprio i risparmiatori.
Cosa sta facendo la politica, e in particolare la giunta Toti, per verificare la solidità della banca e scongiurare l’ipotesi di uno scenario drammatico come quelli a cui abbiamo assistito in Toscana, Lazio, Marche, Emilia Romagna e Abruzzo? E ancora: quali strumenti ha a disposizione la Regione Liguria per garantire una vigilanza adeguata sulla situazione economico-finanziaria dell’Istituto Carige?
Noi, come MoVimento 5 Stelle, lo abbiamo chiesto direttamente al governatore – con delega alle risorse finanziarie – Giovanni Toti attraverso un’interrogazione che discuteremo martedì prossimo in consiglio regionale.
Diversi campanelli d’allarme sono già suonati. Solo con un vero e chiaro meccanismo di controllo è possibile prevenire eventuali procedure di risanamento e di “Bail In”, che avrebbero riflessi potenzialmente devastanti sui risparmiatori liguri e sull’economia della Regione.
Andrea Melis, portavoce MoVimento 5 Stelle in Regione Liguria