Nonostante le raccomandazioni “almeno 8 operatori sanitari su 10, pur se raccomandato, non si vaccinano contro l’influenza stagionale. In particolare a non farlo sono il 90% degli infermieri e il 70% dei medici”. A spingerli, “in generale, una mancata percezione del rischio e poca conoscenza della materia, nonostante il lavoro che fanno. Ma pesa anche una scarsa etica professionale”.
La denuncia viene da Giancarlo Icardi, referente del settore vaccini della Società Italiana di Igiene (Siti). “Attraverso questionari e valutazioni sul campo, per tre
stagioni successive dal 2011 al 2014, abbiamo condotto studi che hanno mostrato come, sul territorio di Genova, la copertura complessiva tra i sanitari sia intorno al 20%, ma scende al 10% tra gli infermieri, mentre tra i medici è del 30%. Una percentuale indicativa di quello che accade a livello nazionale”.
L’invito ai sanitari di vaccinarsi, pur raccomandato dal Ministero della Salute e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, risulta “largamente disatteso”, sottolinea Icardi, spesso a causa di una “mancata valutazione etico-professionale”. Molte, infatti, le conseguenze, anche gravi. Innanzitutto, “l’operatore che non si vaccina si può ammalare più facilmente a causa del contatto con pazienti che potenzialmente lo possono contagiare e, in caso di epidemia marcata, le molte assenze per malattia potrebbero provocare danni organizzativi in termini di mancata assistenza”.
C’è poi aspetto etico: “l’infermiere o il medico, mentre incubano l’influenza eliminano moltissime particelle virali, e, specie se lavorano in ospedale, a contatto con malati spesso particolarmente fragili per via di altre patologie, rischiano di diventare vettori del virus influenzale, mettendo anche a rischio la vita dei pazienti”. C’è infine l’aspetto del buon esempio. “Se l’operatore sanitario non mette in pratica in prima persona – conclude Icardi – diventa anche meno convincente rispetto ai propri assistiti”.