“Le acque minerali della Liguria sono un patrimonio poco conosciuto. Un prodotto di qualità a chilometro zero, costituito da acqua sorgiva con ottime proprietà organolettiche; gli indicatori economici sono in crescita e i volumi di export (anche all’estero) non sono trascurabili. Crediamo in un progetto strategico per valorizzare e far conoscere questa risorsa, con cui si può creare occupazione e nuove imprese ecocompatibili; quindi virtuose”. Prosegue l’iniziativa politica del consigliere Gianni Pastorino sul tema delle acque minerali, già oggetto di un’interrogazione che Rete a Sinistra ha presentato nell’ultima seduta del consiglio regionale.
“Abbiamo iniziato occupandoci dell’Acqua Santa Rita di Ne; ora chiamiamo a raccolta le altre aziende liguri per favorire il corretto utilizzo di questa risorsa d’eccellenza – dichiara Pastorino -. Ma il messaggio è rivolto anche alla grande distribuzione: perché non promuovere il consumo di un prodotto competitivo come l’acqua a chilometro zero?”. Tenendo conto che le famiglie liguri spendono circa 20 euro al mese per l’acqua imbottigliata: cifra equiparabile all’importo mensile della bolletta idrica di casa.
Quello delle acque minerali liguri è un settore con margini di crescita, poiché solo alcune delle concessioni disponibili sono effettivamente sfruttate. “Stando alle previsioni, ogni nuova azienda creata potrebbe produrre un indotto occupazionale di 10/12 lavoratori – riflette il consigliere -. Si tratta di un’opportunità di sviluppo in zone dell’entroterra a forte rischio-spopolamento. Abbandono causato proprio dalla mancanza di lavoro”.
Un caso in cui fare impresa significa anche tutelare del territorio: “la produzione da acqua sorgiva è a bassissimo impatto ambientale, perché non richiede strumenti meccanici di estrazione – sottolinea Pastorino –. Non solo: è anche un modo sicuro per preservare le sorgenti dalle contaminazioni, dovute ad accumuli di fogliame, tronchi caduti e carcasse di animali”.
Già allo studio le prime proposte. Pastorino lancia l’idea: “rimanendo sul al concreto, si potrebbe incentivare la distribuzione delle produzioni locali in quelle strutture, come scuole e ospedali, dove la rete di uso domestico non risolve i fabbisogni specifici. Su tutto questo la Regione può e deve impegnarsi”.