Le indagini

Picchiato perché ritenuto gay, testimone: “Erano in sei”. A breve l’interrogatorio dell’autista del bus

Sentiti quasi 200 potenziali testimoni. Prosegue il lavoro sulle celle telefoniche

autobus bus amt 1

Genova. Sarebbero sei e non cinque i responsabili del pestaggio avvenuto al capolinea del bus 1 la notte del 14 luglio che ha avuto come vittima un barista genovese di 44 anni, massacrato – sembrerebbe – perché ritenuto omosessuale. L’uomo operato all’ospedale Galliera per un ematoma cerebrale, si trova ora in un centro di riabilitazione alla Spezia. E’ in grado di parlare ma al momento ha rimosso il ricordo di quella tragica notte.

Nel frattempo il sostituto procuratore Vittorio Ranieri Miniati ha risentito il marittimo inglese che era sul bus insieme al barista. L’uomo, come aveva detto fin dall’inizio ai carabinieri della Compagnia di Genova Centro, ha ribadito al pm che gli aggressori sarebbero stati sei e non cinque, due donne e quattro uomini. Almeno uno di loro avrebbe tratti latino americani.

Anche il barista, prima di entrare in coma, parlando con la sua compagna del pestaggio, aveva parlato di sei picchiatori, mentre le telecamere del comune inquadrano piazza Caricamento dopo il pestaggio immortalano un gruppo di cinque persone che si allontanano. Lo stesso gruppo viene poi ripreso poco dopo da una seconda telecamera nei vicoli del centro storico. Questo elemento potrebbe rivelarsi utile per ‘seguire’ lo spostamento del gruppo e incrociare i dati con quelli delle celle telefoniche che i carabinieri stanno analizzando senza sosta. Ma si tratta di un lavoro lungo e difficile, visto che piazza Caricamento e i vicoli limitrofi a quell’ora della notte erano tutt’altro che deserti.

Per questo i carabinieri stanno continuando ad ascoltare potenziali testimoni del pestaggio: quasi 200 in tutto le persone finora sentite alla ricerca di elementi utili alle indagini.

Intanto nei prossimi giorni il pm interrogherà l’autista del bus che secondo il testimone inglese avrebbe assistito al pestaggio senza fare nulla né chiamare i soccorsi. L’uomo, 33 anni, difeso dall’avvocato Luca Ciurlo, è indagato per favoreggiamento ed omissione di soccorso. Finora si è sempre difeso dicendo di non aver visto nulla del pestaggio perché arrivato al capolinea sarebbe sceso dall’autobus per sgranchirsi le gambe e cercare qualcosa da mangiare.

Altro elemento ribadito da quello che è al momento è l’unico testimone oculare del pestaggio è che quest’ultimo si sarebbe svolto in due fasi, una prima sull’autobus e una seconda appena fuori dal bus. Per questo sembra impossibile che nessuno quella notte si sia accorto di nulla.

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