Storie blucerchiate

Album dei ricordi blucerchiati: Fausto Pari, una vita da mediano

Uno scudetto, una Coppa delle Coppe, tre Coppe Italia , una finale di Coppa dei Campioni, nel suo palmares blucerchiato

Fausto Pari

Genova. Di Fausto Pari ho fissa nella mente una sua immagine sul prato verde del Wankdorfstadion di Berna, mentre, al termine della finale di Coppa delle Coppe del 10 maggio 1989, si presenta con i suoi compagni sotto la curva zeppa di tifosi blucerchiati, che – seppur mogi per la sconfitta (0-2) subita col Barcellona di mister Johan Cruyff e dello “striker blaugrana” Gary Winston Lineker – tributa gli onori delle armi ad un gruppo di ragazzi arrivati a “brandelli” alla prima occasione del Doria di metter in bacheca un importante trofeo internazionale.

Fausto Pari non ha la testa bassa in quell’occasione, come mai nella vita del resto… anzi, con l’indice della mano destra, si batte il petto e poi indica i compagni vicini a lui, prima di ruotarlo come un mimo, per dire “il prossimo anno” ed infine indirizzare il dito sul terreno, a significare “saremo di nuovo qui”.

Quel gesto di promessa (che seppe mantenere, anche se il terreno della “rivincita” non fu più lo Wankdorfstadion, ma l’Ullevi di Göteborg e l’avversario l’Anderlecht), ci consentì
di affrontare un viaggio di ritorno in auto, di oltre 500 Km, con un peso indubbiamente minore di quello che ci accompagnò da Londra a Genova tre anni dopo… in quell’occasione, a Wembley, nessuno ci venne a dire “ci proveremo ancora”… sapevano tutti che Vialli sarebbe andato a vestire la casacca bianconera della Juve e lo stesso Pari quella azzurra del Napoli.

Era arrivato a Genova nell’estate dell’83 e con la Samp ha vissuto i migliori anni della presidenza di Paolo Mantovani, mettendo in bacheca nel ruolo di cursore di centrocampo, tre Coppe Italia e una Coppa delle Coppe, oltre allo scudetto ‘90/91, sotto la guida di tre mister di valore, quali Renzo Ulivieri, Eugenio Bersellini e Vujadin Boskov, che mai hanno pensato di affidare al altri la maglia numero “quattro”.

Una vita da mediano, per dirla alla Ligabue, un incontrista disposto a correre per i vari Brady, Souness, Cerezo, Mikhailichenko e pronto, con la sua duttilità, a dare equilibrio alla squadra, andando a tamponare i buchi lasciati da altri, più tecnici magari, ma meno generosi sul piano della corsa, fermo restando il compito primario, riservatogli dall’allenatore di turno, di francobollare il fantasista avversario, quello col numero “dieci” sulle spalle… Maradona, Platini, Zico, Matthaus, Baggio, Zola, i primi che ci vengono in mente…

Polmoni, ma anche cuore, messi in campo a disposizione dei compagni… e pure “voce silenziosa” ed autorevole di uno spogliatoio, che annoverava leader quali Mancini, Vialli, Vierchowod, Pagliuca… indole tranquilla, ma indomita, pronto a lottare su tutte le palle, senza mollare mai, fin oltre il 90° minuto… capace di portare in Europa, da gonfaloniere, il grande cuore della Sud…

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