Genova. “Non chiedo le dimissioni di nessuno perché sono sempre per il principio della non colpevolezza a meno che non venga sancita dalle sentenze. Inoltre in caso di condanna la legge Severino indica un percorso molto chiaro, per cui non mi permetto di esprimere giudizi in questo senso. Ho fiducia nella magistratura che farà il suo lavoro”. Lo ha detto la capogruppo del Pd Raffaella Paita commentando la richiesta di rinvio a giudizio depositata dalla Procura di Genova per le spese pazze che vede coinvolti anche l’attuale assessore allo Sviluppo economico Edoardo Rixi, il presidente del consiglio regionale Francesco Bruzzone e il capogruppo di Fratelli d’Italia Matteo Rosso.
“Per quanto riguarda il gruppo del Pd in questo momento tra chi siede in aula nessuno è indagato per quest’inchiesta, quindi da questo punto di vista siamo tranquilli” ha ricordato Paita alludendo al fatto che per il partito democratico la richiesta di rinvio a giudizio ha riguardato solo l’ex capogruppo Antonino Miceli e l’ex tesoriere Mario Amelotti.
“Le contestazioni che vengono fatte al gruppo del Pd sono di carattere metodologico – ha aggiunto riferendosi al fatto che gli scontrini rendicontati non sono riferibili a un consigliere specifico – e non di merito perché passato la rendicontazione è sempre stata collettiva. Non voglio dire che questa sia una giustificazione, ma senz’altro è stato fatto in buona fede e ci sarà modo e tempo per dimostrarlo”.
Paita replica però alle affermazioni del presidente Toti che ha dichiarato che i consiglieri indagati hanno ricevuto una legittimazione da parte degli elettori che li hanno votati nonostante l’inchiesta in corso: “ Dire di aver ricevuto un mandato popolare dagli elettori mi sembra un ragionamento un po’ semplicistico – dice Paita – perché esiste anche l’onere di dare vita anche per il futuro a un consiglio che sia rispettoso delle regole. Poi è corretto valutare caso per caso, valutazione che non spetta comunque a me”.