Genova. Sciopero dei lavoratori Ikea di Campi per protestare contro le decisioni e l’atteggiamento dell’azienda svedese.
“La decisione giunge dopo aver registrato la rigidità delle posizioni aziendali al tavolo di confronto e dopo la pervicace insistenza a riproporre tagli lineari al salario dei lavoratori attraverso la decurtazione della maggiorazione domenicale e festiva e la variabilizzazione del premio aziendale – spiegano Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs – La disdetta unilaterale di oltre 20 anni di contrattazione da parte di Ikea è stato un gesto politico di rottura, che prosegue nella rigidità di una posizione incentrata su tagli insostenibili”.
Le lavoratrici e i lavoratori hanno già scioperato nel mese di giugno per mandare un forte e chiaro un messaggio all’azienda e oggi hanno deciso di scioperare ancora, in difesa del proprio contratto integrativo e dei propri diritti.
“Ikea è una grande multinazionale, un esempio di successo in tutto il mondo: in Italia è azienda leader anche grazie al lavoro delle tante donne e uomini che quotidianamente danno il loro contributo, anche e soprattutto nelle aperture domenicali e festive. Per questo, e per la difesa del contratto integrativo, sabato 11 luglio è stato proclamato lo sciopero – concludono i sindacati – All’azienda si chiede di rivedere le proprie posizioni”.
Intanto Ikea ha fatto sapere che “l’intransigenza del sindacato e la decisione di indire uno sciopero nazionale vanno nella direzione opposta rispetto a quella del dialogo, cui l’azienda crede da sempre, come da sempre ha manifestato la volontà di arrivare ad un accordo – si legge in una nota – Il CIA è sempre stato migliorativo delle condizioni del Contratto Nazionale e fra i migliori del settore. Vogliamo che continui ad esserlo, proprio grazie a 4 proposte presentate ai sindacati, tutte accomunate dalla necessità di assicurare un futuro solido, equo e sostenibile alla presenza di Ikea in Italia e di poter continuare il piano di espansione attraverso l’apertura di nuovi punti vendita”.
Ma sono proprio le condizioni imposte dall’azienda a non essere accettate dai lavoratori, che ribadiscono: “I diritti non si toccano!”.