Genova. Ad oltre un anno di distanza dalla sentenza che porterà un nuovo processo il broker genovese Antonio Rasero per l’omicidio del piccolo Alessandro, avvenuto la notte tra il 15 e il 16 marzo 2010 in un residence di Nervi dove il piccolo si trovava insieme alla madre Katherina Mathas e allo stesso Rasero, arrivano le motivazioni degli Ermellini, che contengono soprattutto una pesante critica nei confronti della sentenza di assuluzione nei suoi confronti emessa dalla Corte di appello di Genova.
Per i giudici della Cassazione infatti Rasero dovrà essere nuovamente sottoposto a un nuovo giudizio di merito (il processo si terrà presso la Corte d’Assise d’appello di Milano) dove “non devono essere aprioristicamente escluse ipotesi omicidiarie concorsuali o in solitaria né, a fronte del ventaglio di possibili situazioni, ipotesi ricostruttive che vedano Katerina Mathas quale concorrente nell’omicidio ovvero presente e connivente”.
Nessuna certezza, quindi, su chi sia stato ma per i giudici della corte di Cassazione la sentenza della Corte di appello che ha assolto Rasero contiene “illogicità e incongruenze motivazionali ancor più evidenti alla luce dell’operato montaggio di argomenti parziali e anche tra loro dissonanti e di dati incompleti se non travisati” che “esprimono in modo evidente ed esemplificativo il non corretto approccio metodologico della sentenza”.
Rasero in primo grado era stato condannato a 26 anni di reclusione, poi nel febbraio 2012 la clamorosa assoluzione in Appello. Nel frattempo la Mathas giudicata separatamente, è stata assolta dall’omicidio e condannata a 4 anni solo per abbandono di minore. Una morte, quella del piccolo Alessandro, che ha rischiato di finire senza colpevoli, ma che grazie ai giudici di Cassazione, vede di nuovo puntare il dito contro il broker genovese.
Diversi i passaggi in cui viene censurato l’approccio dei giudici di secondo grado: “La corte di merito che doveva sottoporre a specifico vaglio critico le ragioni della decisione di primo grado e correlarsi alle osservazioni sia dell’imputato appellante, sia della parte pubblica appellante e alle censure mosse riguardanti per la seconda anche la contestata esclusione a carico dell’imputato dell’aggravante di avere agito con crudeltà e adoperando sevizie ha omesso di dare coerente conto dell’esame dei dati utilizzati e delle basi strutturali del proprio ragionamento probatorio”
Nelle 45 pagine della sentenza la Suprema Corte riprende punto per punto gli elementi di incertezza su quanto accadde quella notte, dall’ora stesa della morte, alla compatibilità con la presenza in casa di Rasero, al tristemente noto ‘morso’ sul piedino del bambino che per la Corte di appello genovese fu conseguenza di “maldestre manovre rianimatorie”. I giudici della Corte suprema bollano proprio il metodo con cui i giudici d’appello sono arrivati a questa conclusione: “Le emerse illogicità e incongruenze motivazionali ancor più evidenti alla luce dell’operato montaggio di argomenti parziali e anche tra loro dissonanti e di dati incompleti se non travisati, esprimono in modo evidente ed esemplificativo il già detto non corretto approccio metodologico della sentenza”.