Dimissioni congelate

Pd, l’assemblea provinciale dà mandato a Terrile per una proposta unitaria

Una nuova squadra e una proposta per uscire dall'impasse e tentare di evitare la spaccatura

Genova. Una proposta unitaria e una nuova squadra da trovare, possibilmente, entro il 29 giugno, data in cui si svolgerà l’assemblea regionale che dovrà discutere le dimissioni di Giovanni Lunardon e di tutta la sua segreteria. E’ questo il mandato che l’assemblea provinciale del Pd ha dato al segretario Alessandro Terrile, al termine di una lunga e faticosa assemblea, dai toni tutto sommato contenuti.

Se si fosse arrivati al voto sulle dimissioni presentate da Terrile, l’attuale segretario avrebbe avuto i ‘numeri’ per mantenere il suo posto, ma la posta in gioco rischiava di essere troppo alta. Così, ha prevalso la mediazione, con l’obiettivo di provare a ridare unità al partito genovese uscito a pezzi dalla sconfitta delle Regionali tra fuoriusciti, dissidenti ed elettori che hanno disertato il voto.

“Ci vorrà tempo per costruire una visione condivisa sugli errori commessi, ma serve almeno un sforzo urgente sulla linea politica. Non credo che ci riusciremo con un accordo tra correnti. Dopo una sconfitta come questa à surreale parlare di minoranze maggioranze congressuali, ci dovrà essere una squadra di lavoro rinnovata e più ristretta. Credo che sia tanto quello che ci unisce, dobbiamo capire se vogliamo e se ci conviene farlo emergere”. Confermando le sue dimissioni, però rimesse al voto dell’assemblea, il segretario provincia le del Pd Alessandro Terrile aveva concluso così con una sorta di appello, la sua lunga relazione su cosa è stato e cosa occorre fare per evitare che si ripeta la débâcle del voto del 31 maggio.

Due secondo Terrile sono stati i principali errori commessi: “Anzitutto non siamo riusciti a costruire nei mesi precedenti alla primarie, un giudizio condiviso sull’amministrazione uscente”. Il secondo errore è aver male interpretato il voto alle europee: “Eravamo convinti che le regionali fossero già vinte, e ci siamo concentrati molto sulle nostre dinamiche interne e poco sul creare un consenso esterno”.

Tra gli altri errori, secondo il segretario genovese del Pd, da un lato la nota lettera dei 200 dissidenti (che invitarono al voto disgiunto), ma anche l’atteggiamento del partito nazionale (il fatto che la responsabile enti locali del partito Valentina Paris abbia disertato l’assemblea dopo aver chiesto più di una volta il rinvio della stessa, ha provocato parecchi fischi tra la platea). Tra gli errori non imputabili al partito genovese le politiche del governo in tema di riforme (“condivisibili – ha detto Terrile – ma che non siamo riusciti a spiegare alla gente”), ma anche la questione morale (dal caso De Luca alle spese pazze) e le vicende legate al tema accoglienza e immigrazione.

Il dato impietoso dice che “quando abbiamo chiesto il voto utile – ha detto il segretario – gli elettori ci hanno detto che poteva anche vincere la destra”. “E non è possibile a questo punto mettere in discussione il sindaco di Genova – ha aggiunto il segretario – piuttosto è sulla nostra visione della città che dobbiamo misurare l’attuale amministrazione”.

La linea politica per Terrile è quella di guardare a sinistra, ma di parlar con l’elettorato prima di pensare ad accordi con Sel o Pastorino. E rivede l’organizzazione stessa della macchina del partito dalla dirigenza all’organizzazione stessa dei circoli.

Dopo la relazione, si sono susseguiti numerosi interventi, con un primo gruppo compatto di sostenitori che hanno respinto con forza le dimissioni. Fra loro c’erano il capogruppo del pd a Tursi Simone Farello, il vicesindaco Stefano Bernini, il ‘dissidente’ Ubaldo Benvenuti. Poi è intervenuto il gruppo dei ‘renziani’. Fra loro Massimiliano Morettini che ha accusato Terrile che in quanto segretario super partes avrebbe dovuto non schierarsi nell’agone delle primarie, di essere stato uno dei fautori della candidatura di Sergio Cofferati, l’origine di tutti i mali, secondo una parte del partito. La minoranza, con Cristina Lodi, Simone Mazzucca, Victor Rasetto e Michele Malfatti, fa capannello da un lato e decide la strategia. Lodi interviene dicendo che accetta le dimissioni di Terrile: “Il voto ci ha indicato che tutti abbiamo sbagliato e tutto il gruppo dirigente va rinnovato”.

Nella lunga assemblea, che qualcuno ha criticato venga convocata troppo poco (quella di stasera era la prima convocazione a un anno e mezzo dell’insediamento), non sono mancate le analisi anche dure sulla sconfitta e sulla situazione del partito, ma ha alla fine prevalso il buon senso, vale a dire il tentativo estremo di evitare la rottura con il mandato al segretario che ora ha una responsabilità non da poco e poco tempo: trovare i nomi e soprattutto le proposte che pongano fine alla guerra fra bande. Guerra, che probabilmente, andrà in scena, con toni decisamente più aspri, nella stessa location, esattamente tra una settimana.

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