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I dragaggi del porto di Genova restituiscono ancore e cannoni di cinque secoli fa fotogallery

Tra i reperti anche un'ancora di 5 metri, la più grande mai recuperata in acque italiane

Genova. Ancore, cannoni, bitte ad altri reperti che testimoniano la storia del porto di Genova tra il Cinquecento e il Novecento. Gli oggetti sono stati rinvenuti nel corso dei dragaggi in porto e sono stati portati a Calata Bettolo. Non solo ordigni, quindi (domenica scorsa gli artificieri hanno disinnescato l’ultima di una ventina di ordigni), ma anche manufatti storici che, studiati dalle Soprintendenze ed da esperti del NavLav (laboratorio di storia marittima e navale dell’Università di Genova) che ora saranno restaurati e offerti alla cittadinanza in esposizione pubblica permanente.

“Questi reperti – spiega il presidente dell’autorità Portuale Luigi Merlo – sono la prova di come l’attività dei dragaggi sia stata compiuta in modo attento. Ora abbiamo già avviato una collaborazione con il Galata Museo del Mare che dopo il restauro ospiterà alcuni oggetti, altri probabilmente saranno collocati a palazzo San Giorgio”.

“Per quanto riguarda le ancore – spiega Fabrizio Ciacchella del Navlab – ne sono stati rinvenuti molti di tipo diverso. Il più antico e anche più interessante è è un’ancora della fine del Seicento o inizi Settecento di probabile produzione locale, particolarmente interessante perché ne esistono pochi esemplari”. L’ancora più grande è interessante anzitutto per le dimensioni: “Cinque metri per 4 tonnellate, è la più grande recuperata in acque italiane. Si tratta di un’ancora ottocentesca, modello ammiragliato britannico, molto rara in quanto a ceppo fisso”.

Molti anche i cannoni recuperati. Cinque di essi sono cannoni seicenteschi ad avancarica in ferro colato, lunghi quasi tre metri e del peso di circa una tonnellata. Secondo gli esperti dovrebbero essere di produzione inglese. Due sono invece i cannoli leggere a retrocarica in ferro fucinato, lunghi un metro e mezzo e risalenti alla fine del Cinquecento.

Infine, di particolare pregio il ritrovamento di un falconetto di bronzo lungo circa due metri che presenta il marchio della famiglia di fonditori veneziani Alberghetti attivi intorno alla metà del Cinquecento e che sul mercato dei collezionisti vale da solo circa 300 mila euro.

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