Genova. Quanto avvenuto nella scuola Diaz durante il G8 del luglio 2001 è stato definito innumerevoli volte “macelleria messicana”, ma ora la Corte Europea dei diritti umani ha stabilito che “deve essere qualificato come tortura” e ha condannato l’Italia non solo per quanto fatto ad uno dei manifestanti, ma anche perché non ha una legislazione adeguata a punire il reato di tortura.
La condanna è arrivata sulla base del ricorso presentato a Strasburgo da Arnaldo Cestaro, una delle vittime della perquisizione alla scuola Diaz, che all’epoca dei fatti aveva 62 anni, e afferma che quella notte fu brutalmente picchiato dalle forze dell’ordine tanto da dover essere operato, e da subire ancora oggi ripercussioni per alcune delle percosse subite. Nel momento dell’irruzione della Polizia, come racconta la sentenza di Strasburgo, si trovava al piano terra dell’edificio e svegliato dal rumore si era seduto per terra spalle al muro a fianco di un gruppo di occupanti, tutti con le braccia alzate. Venne picchiato soprattutto in testa, sulle braccia e le gambe. I colpi gli provocarono plurime fratture e danni permanenti, con debolezza persistente del braccio e della gamba destri.
Oggi i giudici della Corte europea dei diritti umani gli hanno dato pienamente ragione e hanno riconosciuto che il trattamento che gli è stato inflitto deve essere considerato come “tortura”, ma non solo. Nella sentenza i giudici sono andati oltre, sostenendo che se i responsabili non sono mai stati puniti, è soprattutto a causa dell’inadeguatezza delle leggi italiane, che quindi devono essere cambiate.
Inoltre la Corte ritiene che la mancanza di determinati reati non permette allo Stato di prevenire efficacemente il ripetersi di possibili violenze da parte delle forze dell’ordine.