Fibre cancerogene

Morì per l’amianto, a giudizio i datori di lavoro

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Foto d'archivio

Genova. Tre dirigenti dell’istituto di pubblica assistenza e Beneficenza Doria di Genova-Struppa, estinta nel 2003, sono stati rinviati a giudizio perché accusati di omicidio colposo per la morte di un operaio per mesotelioma pleurico, malattia professionale contratta a causa della prolungata esposizione a polveri di amianto.

Il processo è fissato al 9 giugno. La vittima, S.T., lavorò alla Doria dal 1973 al 2000. Morì il 2 novembre 2009. Secondo l’accusa non sarebbe stato avvertito del pericolo che correva per le inalazioni di polveri d’amianto e non sarebbe stato dotato dei dispositivi di protezione.

Dagli accertamenti emerse che le polveri d’amianto erano presenti in maniera massiccia nella centrale termica dell’istituto dove l’operaio, che era addetto alla manutenzione edile e degli impianti, prestava anche assistenza a idraulici ed elettricisti e negli isolanti termici. In particolare non sarebbe stato informato dei pericoli derivanti dallo
sbriciolamento e dalle rotture di quei materiali specie durante gli interventi di rimozione, ripristino e manutenzione degli stessi.

L’uomo iniziò ad accusare problemi nel dicembre del 2007 e fu ricoverato in ospedale nel marzo 2008 dove gli fu riscontrata la malattia e dall’Inail gli fu riconosciuto un grado di invalidità dell’80%. I familiari si sono costituiti parte civile assistiti dagli avvocati Ernesto Rognoni e Marco Zoppelletto.

L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore capo Michele Di Lecce. Gli imputati sono l’ex segretario generale Roberto Garibbo, difeso da Maurizio Tonnarelli, l’ex direttore amministrativo Roberto Cassini (avvocati Chiara Di Leo e Valeria Montafia) e Giuseppe Bestoso, ex direttore amministrativo al servizio Personale e Organizzazione (avvocato Alfredo Pesce).

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