Liguria. Poche parole commosse per ricordare lo zio Bartolomeo Gagliano. A pronunciarle il nipote Andrea: “Non lo sentivamo e non lo vedevamo più dal giorno del suo arresto. Bartolomeo ha sempre gestito la sua vita autonomamente senza che nessuno potesse fargli cambiare idea. E così è stato anche questa volta. Probabilmente stava male e quello che è successo era possibile aspettarselo”.
Con lui aveva trascorso, dividendo la stessa cella, due anni in carcere. Dal giugno 2011 al settembre 2013 erano a Marassi. Durante la clamorosa evasione di due anni fa il nipote raccontò ai giornalisti che “Bartolomeo aveva messo la testa a posto e aveva sistemato anche la mia”. Andrea aveva anche raccontato il suo rapporto di grande affetto con questo zio dalla vita burrascosa: “Lo dipingevano come un tipo pericoloso, ma in carcere era cambiato. Stava finendo di scontare la sua pena e con l’evasione aveva fatto una cazzata”.
Oggi, una volta appresa la notizia del suicidio in carcere, ha chiesto ai giornalisti rispetto anche verso la mamma di Bartolomeo: “Non cercate mia nonna. Rispettate il suo dolore”.
Le vicende giudiziarie di Gagliano sono state seguite (prima a Savona e poi a Genova) dal magistrato Alberto Landolfi, che così ricorda il pluriomicida: “Gagliano ha sempre avuto una vita difficile, burrascosa e sempre al di fuori dalle righe. Quello che è successo, visto il suo carattere, era abbastanza prevedibile. Circa 25 anni fa fu coinvolto in un conflitto a fuoco dove rimase ferita una studentessa e un tassista rimase miracolosamente illeso. Gagliano fu anche protagonista di una serie di rapine. Ricordo quella ad un ufficio postale. Quando venne arrestato, al momento dell’interrogatorio, cominciò, in uno scatto d’ira, a prendere a testate i mobili dell’ufficio”.