Genova. L’unicità della Shoah e l’attualità della riflessione e della consapevolezza di quanto accadde nell’abisso del male del ‘900 per comprendere anche i meccanismi che continuano ad alimentare razzismi e intolleranza e per fondare su valori universali il rapporto con ogni persona, “rispettando tutte le diversità che in quegli anni tragicissimi non furono rispettate” sono stati i temi dell’intervento di Marco Doria, sindaco di Genova e della Città Metropolitana, alla cerimonia per il Giorno della Memoria a Palazzo Ducale con tutte le istituzioni, l’Aned, la Comunità Ebraica, molte associazioni, studenti e insegnanti delle scuole, con l’orazione ufficiale del professor Bruno Maida dell’Università di Torino.
Per Marco Doria “i fatti tragici della Shoah costituiscono un unicum assolutamente eccezionale, con tanti ingredienti che possono riproporsi e non paragonabile ad altri eventi pure molto significativi e che debbono avere tutta la nostra attenzione”. Unicità a partire “dal razzismo e dall’antisemitismo combinati al fatto che furono assunti da regimi totalitari di Stati dittatoriali, come quello tedesco e italiano di allora, ponendo tutti i loro strumenti al servizio di un’ideologia razzista e antisemita”.
Fra questi strumenti anche le ferrovie “simbolo di un ventesimo secolo di modernità e di una società tecnologicamente avanzata, ma nelle persecuzioni e negli stermini quei binari servirono anche a portare milioni di persone alla loro ultima destinazione nei lager”. Una tragedia che ha colpito “gli ebrei innanzitutto, ma non soltanto come ci ricordano i colori diversi dei triangoli di stoffa cuciti sulle casacche dei prigionieri dei lager, ebrei, avversari politici dei regimi nazifascisti, zingari, omosessuali, perché le vittime erano tante e diverse”.
E con la memoria, aggiunge il sindaco Doria “non ricordiamo solo con molta tristezza le vittime, ma anche come sia stato possibile che alcuni siano stati carnefici e persecutori degli italiani ebrei, oppositori politici e militari deportati e siano stati persecutori italiani dei cittadini ebrei perché il governo dell’epoca è stato dalla parte dei persecutori”.
L’attualità, dunque, della memoria “perché ciò che siamo nasce anche dalle idee che abbiamo dentro e dalle riflessioni che siamo capaci di fare nasce la consapevolezza sul passato per costruire la nostra identità nel presente”. Consapevolezza e analisi “implicano la capacità di elaborare strumenti per distinguere fra perseguitati e persecutori e i meccanismi che alimentano il razzismo e l’intolleranza”. I nostri atteggiamenti e comportamenti nei confronti di chiunque “devono ancorarsi a valori di universali di civiltà, rispetto, tolleranza, democrazia e libertà “rispettando tutte le diversità che in quegli anni tragicissimi non furono rispettate”.
Bruno Maida ha legato la memoria della Shoah alla prospettiva dei bambini che ne furono vittime “perché nello sterminio partì dai bambini il tentativo di stroncare il rapporto fra futuro e memoria”. Se lo sterminio “la distruzione fisica” degli ebrei iniziò nel 1941 “la persecuzione dei diritti delle persone” iniziò molto prima, con le leggi razziali fasciste del 1938. E quelli furono anni in cui gli ebrei “cacciati dal lavoro e dalle scuole, isolati nella società furono molto indeboliti, materialmente e psicologicamente e in questa prostrazione “quando poi bisognò cercare di salvarsi la vita” e i loro bambini, testimoni di famiglie spesso costrette ad abbandonarli nascosti per sottrarli alla caccia dei nazifascisti “anche se non vennero deportati crebbero nell’angoscia e nella paura dell’attesa della catastrofe”.