Genova. Katerina Mathas, la mamma del piccolo Ale, ucciso nella notte tra il 15 e il 16 marzo del 2010, potrebbe non fare nemmeno un giorno di carcere.
Nei giorni scorsi, infatti, è diventata definitiva la sentenza di primo grado pronunciata lo scorso maggio con la quale i giudici l’hanno scagionata per la morte del piccolo Ale, avvenuta in un residence di Nervi, dopo una notte passata con il suo compagno di allora, Antonio Rasero, a consumare cocaina. I difensori della donna, gli avvocati Paolo Costa, Manuele Ciappi e Igor Dante, non hanno impugnato la sentenza e nemmeno la procura generale.
Scaduti i termini, in questi giorni, per impugnarla, la sentenza è diventata definitiva dopo solo un grado di giudizio. Ma la Mathas, che partorirà nelle prossime settimane, potrà chiedere direttamente l’affidamento ai servizi sociali per scontare la pena. La nuova legge, infatti, prevede che possano chiedere l’affidamento sia le donne che aspettano un figlio o che hanno da poco partorito che le persone che abbiano superato i 75 anni di età per condanne fino a quattro anni, aumentando di un anno il termine precedente.
Inoltre, mentre la vecchia legge prevedeva che per le donne in gravidanza la pena venisse differita dopo il termine di legge e che quindi la madre potesse scontare la pena sotto forma di arresti domiciliari, adesso per le neo mamme è previsto che possa essere chiesta direttamente la messa in prova. Saranno comunque i magistrati di sorveglianza a decidere su una eventuale richiesta dei difensori della Mathas.