Genova. La recente alluvione genovese ha fatto emergere un pericoloso paradosso: molti cittadini, a fronte delle indicazioni che invitavano a restare a casa, si sono trovati a dover scegliere tra incolumità personale e l’onere lavorativo. Molte aziende, infatti, a differenza di scuole e impianti sportivi, non avevano l’obbligo di chiusura, nonostante il potenziale rischio. La questione, rimbalzata e richiamata dai molti genovesi all’indomani dell’evento, è sbarcata oggi in Aula Rossa con un’interrogazione della consigliera M5S, Emanuela Burlando.
“Necessità assoluta di una riflessione sulla tematica, soprattutto nelle zone interessate dalle esondazioni”, ha replicato l’assessore alle attività produttive, Francesco Oddone. “E’ una contraddizione che può emergere: chiediamo ai cittadini di stare a casa, al contrario di quanto indicato da aziende che, spesso, si trovano lungo i torrenti più esposti”. Le zone rosse riguardano già una fetta di soggetti, ma potrebbe non essere sufficiente, come dimostrato dagli operai intrappolati il 15 novembre vicino alla sponda del Polcevera.
“Abbiamo avviato una riflessione per uniformare la salvaguardia di tutti i cittadini – ha sottolineato Oddone – La affronteremo con tutti i soggetti, aziende e associazioni di categoria, sia per i flussi traffico, sia per l’assembramento di un numero importante di persone nello stesso luogo. E’ un tema che, nell’ottica della revisione dei piani di sicurezza va affrontato con grande determinazione”.
“Esistono situazioni per cui bisognerebbe normare la situazione anche attraverso l’impegno nazionale. Non si tratta di desertificare, ma di garantire la sicurezza”, ha aggiunto l’assessore alla Protezione Civile, Gianni Crivello.