Cronaca

Festival della Scienza, al centro l’alluvione di Genova. Esperti: “Non ci possono essere previsioni precise”

alluvione 9 ottobre genova

Genova. “Le precipitazioni del 9 ottobre sono state puntuali, molto forti e abbondanti.Ci sono stati picchi di 220 mm all’ora, in particolare sui comuni dell’entroterra e sul bacino del torrente Bisagno”. Lo ha spiegato oggi, durante una conferenza ad hoc nell’ambito del Festival della Scienza a Genova, Antonio Parodi, esperto di modellazione atmosferica e analisi statistica degli eventi estremi, project leader della fondazione CIMA (Centro Internazionale in  Monitoraggio Ambientale).

Parodi ha mostrato le immagini dal satellite, sottolineando la struttura “a cono” che si è creata su Genova, come già accaduto nell’alluvione a Genova del 2011. Sino al pomeriggio il torrente Bisagno ha resistito, poi la situazione è precipitata velocemente e alle 23.15 il Bisagno è esondato. “La portata è stata superiore a quella del 2011. Bisogna considerare che la media massima annuale oraria di precipitazione (calcolata negli ultimi 50 anni) nell’area genovese è circa 30-35 mm. La stazione di Geirato ha ricevuto nell’ora più intensa dell’alluvione (prima dell’esondazione del Bisagno) più del triplo di pioggia”.

“Ci sono limiti intrinseci alla predicibilità degli eventi atmosferici – ha continuato Parodi – In questi giorni si sono sentiti troppi discorsi a vanvera sui giornali. Il modello di riferimento nazionale, Cosmo, non ha visto i picchi di precipitazione. Un modello ad altissima risoluzione, Moloch (con previsioni a circa 2 km) vedeva bene i picchi del mattino, ma non quelli della sera. Non ci possono dunque essere previsioni precise sia sulla quantità, che sulla localizzazione e quantità”.

“Non esiste un demiurgo che possa prevedere con certezza il tempo”, ha ribadito Carlo Cacciamani, responsabile di servizio idro-meteo-clima ARPA Emilia Romagna. “Non capisco la polemica contro i meteorologi dopo i fatti di Genova – ha aggiunto – Avevano previsto che ci sarebbe stata tanta pioggia. Tanto di cappello per queste previsioni. E bisogna ricordare che in Liguria i fiumi hanno un bacino piccolo, per cui vanno in piena molto velocemente”.

Ma l’incertezza intrinseca delle previsioni spesso non è conosciuta a fondo dai cittadini. Entrambi i relatori hanno sottolineato come sarebbe auspicabile poter dare le previsioni in termini probabilistici. “Non basta un approccio deterministico basato sui dati e i modelli – ha continuato Cacciamani – Le condizioni iniziali da cui partono i modelli non sono mai del tutto esatte. Considerata dunque questa imprecisione, cui si aggiungono quelle dei modelli e il caos dell’atmosfera, bisogna fare diverse previsioni e costruire diversi scenari, ciascuno con la sua probabilità”,

“Il problema è che le possibili conseguenze penali del nostro operato, nella valutazione tecnica di pericolosità e rischio, possono indurci a diffondere più spesso previsioni allarmanti, improntate al principio della massima cautela, mentre le amministrazioni si lamentano per gli allertamenti troppo frequenti. – ha concluso Cacciamani – Di certo è pericoloso sottostimare gli eventi, ma dare previsioni allarmanti ha un costo elevato: si rischia di spendereun sacco di soldi a vuoto per movimentare la Protezione Civile e di creare un effetto “al lupo al lupo” che mina la fiducia dei cittadini”. Considerando dunque che la strumentazione per le previsioni è adeguata (ma migliorabile), va migliorata la connessione con le autorità di protezione civile, ovvero i sindaci, e la popolazione. “Spesso le persone ritengono poco probabili gli eventi estremi, è un meccanismo di difesa psicologica. Ma questi diventeranno più frequenti, perché i cambiamenti climatici non sono inventati. Ed è bene ricordare: il rischio di un mancato o di un falso allarme ci sarà sempre”.

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