Duro colpo per quelle amministrazioni comunali che pensano di far cassa facile con le “strisce blu”, le famigerate aree a pagamento che hanno letteralmente invaso le aree urbane. Con l’importante ordinanza numero 18575 pubblicata ieri dalla Corte di Cassazione, sesta sezione civile, sarà più semplice per gli automobilisti ottenere l’annullamento della multa per non avere corrisposto il prezzo del “grattino” nelle zone di sosta a pagamento.
Spetta al Comune dover provare l’esistenza di aree a libera sosta nelle vicinanze e non al “multato”. Nel caso di specie i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso di una donna sanzionata per aver parcheggiato nell’area a pagamento senza esporre il tagliando. Ribaltata la sentenza di merito che aveva rigettato il ricorso della cittadina che lamentava l’inesistenza di zone gratuite contigue a quelle a pagamento.
Per gli ermellini è onere del Comune produrre in giudizio le ordinanze che regolamentano la sosta nell’area. In particolare, per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, esponendo un nuovo principio che senza dubbio farà discutere perché renderà più semplice l’annullamento delle multe per l’omessa esposizione del ticket, i giudici di Piazza Cavour hanno espressamente affermato che “nel giudizio di opposizione a verbale di accertamento di infrazione del codice della strada, grava sull’autorità amministrativa opposta, a fronte di una specifica contestazione da parte dell’opponente, che lamenti la mancata riserva di una adeguata area destinata a parcheggio libero, la prova della esistenza della delibera che escluda la sussistenza di tale obbligo ai sensi dell’art.7 comma 8 C.d.S.”.