Genova. A 13 anni di distanza dal G8 di Genova, nel corso del quale un manifestante venne ucciso e diverse centinaia di persone furono ferite dalle forze di polizia, Amnesty International Italia ricorda che, nonostante alcune importanti sentenze, continuano a mancare scuse e assunzione di responsabilità per le violazioni dei diritti umani commesse nel luglio 2001 e si fanno ancora attendere riforme indispensabili, quali l’introduzione del reato di tortura e dei codici d’identificazione per gli operatori delle forze di polizia in servizio di ordine pubblico e altre misure finalizzate a una maggiore trasparenza dell’operato delle forze di polizia.
Le sentenze hanno riconosciuto che a Genova, nel 2001, furono commesse gravi violazioni dei diritti umani. Ma alla lentezza dei procedimenti, sottolinea Amnesty, si sono accompagnati
l’esiguo numero dei funzionari dello Stato condannati e la levità delle pene inflitte, quasi mai eseguite a causa della sopravvenuta prescrizione. “Un osservatore neanche troppo distratto potrebbe farsi l’idea che a Genova, 13 anni fa, non sia successo niente di grave. E’ vero il contrario, ma l’assenza di collaborazione delle istituzioni e le gravi e perduranti lacune legislative hanno impedito di rendere pienamente giustizia alle vittime delle violenze del G8” dichiara Antonio Marchesi.
Il 5 gennaio scorso il Tribunale di sorveglianza di Genova ha disposto gli arresti domiciliari per tre funzionari di polizia che avevano posizioni di comando la notte dell’irruzione alla
scuola Diaz. Il 1 luglio, il procuratore regionale della Corte dei Conti di Genova ha chiesto a cinque funzionari di polizia un risarcimento di un milione e 120.000 euro per il danno
d’immagine procurato dalla “vile aggressione” a un manifestante di fronte alla Questura del capoluogo ligure. “Segnali importanti. Tuttavia, fino a quando le autorità italiane non predisporranno meccanismi efficaci per prevenire la tortura, l’uso eccessivo della forza e altre violazioni dei diritti umani, il rischio che possa riprodursi qualcosa di simile a quanto accaduto a Genova 13 anni fa non può dirsi scongiurato” conclude Marchesi.
Per cercare un confronto su questi temi, Amnesty ha scritto oggi ad Alessandro Pansa, Leonardo Gallitelli e Saverio Capoluogo, rispettivamente Capo della Polizia, Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri e Comandante generale della Guardia di Finanza.