Genova. “Lo sgombero del Buridda è un danno per il tessuto sociale dell’intera città”. A dirlo, con un appello scritto e il lancio di un convegno aperto alla città a fine giugno, è il mondo della cultura e della ricerca universaria, un gruppo di docenti e ricercatori che esprimono appoggio e sostegno al laboratorio sociale occupato sgomberato una settimana fa dalla sede di via Bertani.
“Da più di vent’anni in questa città, come ovunque in Italia, esistono spazi liberi e autogestiti nei quali vengono create forme di società e cultura slegate da logiche di profitto. Spazi che permettono la sperimentazione di nuove pratiche di partecipazione e di protagonismo sociale, di welfare solidale, di cultura e creatività artistica – scrivono – Il Laboratorio Sociale Buridda è stato ed è protagonista di questo movimento, con le sue campagne politiche e sociali, con i mille laboratori artistici e culturali che lo hanno abitato, creando una esperienza innovativa, nelle forme e nei contenuti, di grande rilevanza. Molti studenti frequentano questi spazi, molte nostre iniziative culturali hanno trovato ospitalità in questi luoghi, diverse nostre ricerche sulle culture giovanili, sulla precarietà, sull’arte e sugli spazi urbani sono nate e si sono sviluppate a partire da qui. Alcuni di noi sono stati garanti della nascita, nel 2011, di un’associazione per la promozione degli spazi sociali, presieduta da Andrea Gallo, con l’obiettivo di creare un percorso di dialogo fra il Comune e le realtà autogestite. Tale dialogo si è progressivamente inaridito e definitivamente interrotto con l’insediamento dell’amministrazione attuale”.
Come docenti, ricercatori e precari della ricerca dell’Università di Genova, riteniamo che la chiusura del Laboratorio sociale Buridda colpisca in primo luogo la possibilità di creare ed esprimere un’altra idea di città, e intendiamo rilanciare il dibattito sulla necessità e l’importanza di luoghi sociali e culturali autogestiti”.
Di qui la convocazione, nell’ultima settimana di Giugno, di un convegno aperto in cui “discutere sul significato e il valore delle pratiche di autogestione nell’attuale contesto segnato dalla crisi e dal collasso di ogni forma di spazio pubblico”.