Genova. “Credevo che Alessandro fosse vivo, avevo avuto quella sensazione in auto, mentre andavamo al pronto soccorso. Ho detto a Rasero di correre, di fregarsene dei semafori rossi. Ma lui continuava a dirmi di dire che i fatti non erano successi a casa sua”.
E’ la deposizione di Katerina Mathas, la madre di Alessandro, il bimbo di otto mesi ucciso a marzo 2010 in residence di Nervi, nel corso del processo dove è accusata di omicidio volontario in concorso e, alternativamente, di abbandono di minore con morte conseguente.
“Quando mi svegliai – ha continuato la Mathas – andai nel panico, non capivo cosa potesse essere successo. Chiesi a Rasero cosa avesse fatto e lui mi disse che aveva lasciato la porta aperta”. La Mathas e Rasero arrivarono in casa la sera del 15 marzo alle 23, quando il bimbo era ancora vivo. A mezzanotte la donna uscì per cercare la cocaina, facendo ritorno all’una e mezza. “Non ho avuto l’istinto di andare a toccarlo – ha proseguito – perché era davanti a me, mi sembrava dormisse. Così non l’ho controllato. Nel monolocale era tutto sotto ai miei occhi”.
“In macchina parlavo a mio figlio, cercavo di farlo riprendere. Poi Rasero mi ha detto di non dire che tutto quello era successo a casa sua. Io lo mandai a quel paese”. I legali della donna hanno chiesto di sentire in aula Rasero, dopo che si era avvalso della facoltà di non rispondere in un primo momento, ma la corte ha respinto la richiesta.