Il calcio italiano in crisi, lontano dai tifosi, con stadi sempre più vuoti e società che spesso non riescono a iscriversi ai campionati. In questo quadro si fanno strada piccole inversioni di tendenza, come l’adozione dell’azionariato popolare come modello societario per rimboccarsi le maniche e superare il fallimento.
Ma il nuovo orizzonte ora è una vera e propria “rivoluzione” promessa da una proposta di legge depositata in parlamento da un gruppo di deputati leghisti e adottata in maniera bipartisan da tutte o quasi le forze politiche.
Due i punti cardine del disegno di legge: il limite del 30% di quote per la proprietà di una società e la responsabilizzazione dei tifosi, attraverso un organo di controllo sullo stesso club con “parere obbligatorio ma non vincolante”, formato da un minimo di 100 a un massimo di 1000 persone elette tra gli abbonati della società, che visioneranno bilanci, sedi, marchio e tutto ciò che riguarda il club in generale.
Per ora si tratta solo di una bozza di riforma, e forse di una “grande provocazione”, come definita dall’ispiratore Salvatore Grillo, presidente dell’associazione “Salviamo il calcio”, un inizio per scuotere il mondo del calcio in crisi e in modo “che anche il Parlamento inizi a fare qualcosa”.