Genova. Ilva: nessun numero, nessuna dichiarazione, ma la difficoltà di mantenere i livelli occupazionali a Cornigliano è confermata. L’incontro del Collegio di Vigilanza allargato ai sindacati, è terminato dopo un paio d’ore: il Prefetto scriverà alla presidenza del consiglio. La situazione, quindi, “è seria”. Circolano numeri importanti, sull’ordine delle centinaia, su cui l’azienda si è impegnata a discutere.
Oggi a Genova non era presente il commissario Bondi, ma Enrico Martino. Il responsabile del personale ha esposto una breve panoramica sulla situazione Ilva: il gruppo soffre sia della situazione Taranto e sia la crisi di mercato sulla produzione di acciaio. Inoltre Cornigliano, ad oggi, occupa 1740 dipendenti, di cui 1450 in contratto di solidarietà (in scadenza a settembre, giunto al suo quarto e ultimo anno) ma, come dichiarato dall’Azienda, le congiunture attuali fanno prevedere “eccedenze strutturali”. “Abbiamo dei problemi – ha confermato Martino a margine dell’incontro – speriamo che non ci siano esuberi e di trovare soluzioni. Certo è che la situazione non è quella del 2005”
Numeri l’azienda per ora non ne dà, ma su un tema così delicato la dirigenza si è resa disponibile ad aprire un confronto con le istituzioni per trovare soluzioni “volte a creare le condizioni di massima occupazione”, anche a fronte della cessione di aree a scopo industriale.
La discussione è ufficialmente aperta: venerdì 7 febbraio è convocato il tavolo tecnico tra enti locali, azienda e autorità portuale. Al centro, il nodo delle aree che l’azienda potrebbe cedere in vista degli esuberi e su cui le istituzioni proveranno a giocare una partita complicatissima.
“Ma questa è una conseguenza – ammonisce Manganaro – prima viene la questione esuberi. Per noi sono irricevibili. Le istituzioni ci proveranno, anche se sarà difficilissimo, noi siamo disponibili ad ascoltare ma finché non c’è un nuovo accordo, sia chiaro, rimane valido quello vecchio”. Con naturale scadenza: il 29 settembre, “a quel punto o i lavoratori Ilva rientrano in fabbrica o difenderanno con rabbia il loro posto di lavoro”.