Genova. Si stringe sempre di più il cerchio attorno agli aggressori dei quattro clochard che dormivamo sotto di portici di Piccapietra e che la notte del 25 gennaio sono stati massacrati a colpi di spranga, da quattro persone con il volto coperto da sciarpe e cappucci.
Il lavoro della Squadra mobile di Genova coordinata (mentre si attende la nomina del sostituto di Fausto Lamparelli) da Maria Teresa Canessa, procede sul fronte degli accertamenti tecnici che hanno consentito di capire non solo come sono arrivati e da che parte sono fuggiti gli aggressori, ma anche di risalire all’identità di almeno un paio di loro. A questo si aggiungono le analisi sui reperti: una spranga ritrovava poco distante il luogo dell’aggressione e un passamontagna. Accanto alle indagini di tipo tecnico, però, ci sarebbe un altro importante elemento che fa pensare che l’arresto del commando sia sempre più vicino. Un testimone, si è recato in Questura nelle scorse ore spiegando agli investigatori di aver riconosciuto due componenti della banda.
A questo punto, grazie all’incrocio di dati, testimonianze e delle celle telefoniche dell’area a quell’ora di notte, non dovrebbe essere difficile riuscire a individuare gli altri due componenti del gruppo. Ma la polizia e la Procura (il fascicolo è in mano al sostituto procuratore Patrizia Petruzziello) procedono con la massima cautela e attenzione, anche perché giustamente l’aggressione ha suscitato molta indignazione in città. Per questo ufficialmente “non ci sono ancora persone iscritte nel registro degli indagati” ha spiegato il procuratore capo Michele Di Lecce. Ma la svolta sembra essere questione di ore.
La pista principale resta quella della vendetta personale, una sorta di spedizione punitiva dopo un litigio avvenuto con un gruppo di ragazzi italiani una settimana prima dell’aggressione. Un blitz tanto violento quanto studiato a tavolino (dalle spranghe recuperate lì vicino all’abbigliamento attento per sfuggire agli occhi elettronici che circondano tutta la zona, alle vie di fuga utilizzate) che difficilmente sembra opera di un gruppo di disperati.