Roma. La Corte costituzionale si pronuncerà tra dieci giorni sull’ammissibilità del referendum abrogativo della riforma della geografia giudiziaria, promosso dalla Liguria e da altre otto Regioni: Abruzzo, Piemonte, Marche, Puglia, Friuli Venezia Giulia,Campania, Basilicata e Calabria.
Il sì o il no al referendum che vuole cancellare il taglio di circa mille tra tribunali minori, sezioni distaccate di Corte d’appello e uffici del giudice di pace, è la prima della cause in ruolo della camera di consiglio della Consulta convocata per il 15 gennaio prossimo.
Si tratta della prima volta nella storia repubblicana che i Consigli regionali si sono fatti promotori di un referendum abrogativo, nella convinzione – condivisa anche dall’avvocatura- che questa riforma, voluta dal governo Monti e portata avanti dall’esecutivo Letta, più che efficienza e risparmi, produca
disservizi e penalizzi i cittadini.
Dopo il disco verde ricevuto due mesi fa dalla Cassazione sulla regolarità formale delle delibere con le quali i nove Consigli regionali hanno chiesto di sottoporre al giudizio popolare la riforma, per il referendum è arrivato l’esame più difficile: per ammettere o meno il ricorso alle urne la Consulta
dovrà valutare se il sistema giustizia sia in grado di funzionare anche abrogando la riforma, nel caso di una vittoria dei sì al referendum.