Genova. Il gip Ferdinando Baldini ha archiviato la posizione di 24 antagonisti genovesi, indagati per violenza privata nei confronti dell’amministratore delegato di ferrovie dello stato Mauro Moretti. I fatti risalgono al 9 settembre 2011 quando Moretti arrivò a Genova alla festa provinciale del partito democratico per partecipare a un dibattito sull’alta velocità.
Ma l’accoglienza fu piuttosto “calorosa”: l’ad di Trenitalia fu accolto da fischi, tamburi e qualche insulto da parte di un gruppo di no tav. Gli organizzatori decisero di annullare il dibattito e Moretti fu costretto a lasciare Genova in tutta fretta, protetto dalla polizia oltre che dalla scorta di Rfi. A contestarlo quella sera non c’erano però solo gli antagonisti, bensì anche un nutrito gruppo di parenti delle vittime della strage di Viareggio, decedute nell’incidente ferroviario del 29 giugno 2009, che diedero vita a una manifestazione assolutamente pacifica con le foto dei 32 morti. Tra loro anche Riccardo Antonini, dipendente (allora) di Rfi in qualità di tecnico della manutenzione e consulente di parte civile nell’incidente probatorio sulla strage, poi licenziato dallo stesso Moretti. Arrivati in pullman,
L’ad di Trenitalia aveva denunciato sia Antonini sia i no tav per violenza privata. Per tutti il pubblico ministero Francesco Cardona aveva chiesto l’archiviazione ma, sempre per tutti, Moretti si è opposto portando davanti al gip la sua scorta a testimoniare.
Il Gip un paio di mesi fa aveva già archiviato definitivamente la posizione di Antonini. Ora ha archiviato gli altri, condividendo in toto la posizione del pubblico ministero che aveva parlato di “urla e alcuni insulti” ma negato la violenza.
“Prima e sul nascere dell’intervento del dottor Moretti – precisa il gip – non si sono verificati significativi episodi di violenza, fatta eccezione per un contatto tra i manifestanti e gli addetti al servizio d’ordine, prontamente sedato dai presenti senza necessità di intervento da parte degli agenti di polizia”. Non si sono state “violenza ” o “minaccia” spiega Baldini nel provvedimento, che sono indispensabili a configurare il reato di violenza privata e la scelta di interrompere il dibattito “non può costituire di per sé prova della sussistenza di quel clima di concreta ed attuale intimidazione che i documenti filmati non hanno al contrario fatto emergere”. Resta in piedi solo il reato di ingiurie, punibile però con una pena pecuniaria.