Economia

Quando lavoro fa rima con povertà. Welfare che non c’è e voglia di emigrare: Genova ai tempi della crisi

Genova. “Dimostriamo, se ce ne fosse ancora bisogno, come ci siamo impoveriti anche lavorando. Nel gergo comune si pensa che il povero sia solo chi non ha lavoro: vediamo oggi come anche avere un lavoro di bassa qualità, sopratutto precario, possa portare alla povertà”.

Poveri lavoratori e lavoratori poveri. Spostando l’ordine delle parole il risultato non cambia. Non cambia a causa della crisi, ma anche per colpa di un welfare che molte volta esclude inesorabilmente. Il convegno organizzato dalla Camera del Lavoro Metropolitana di Genova dal titolo “Lavoro e welfare rinnovato per contrastare povertà, diseguaglianze e creare sviluppo” serve a fare il punto su una situazione preoccupante.

“Verifichiamo – spiega Paola Repetto, segreteria Cgil Genova – una crisi generale della piccola e piccolissima impresa, certificata dal calo verticale della cassa integrazione in deroga. Queste imprese sono il tessuto connettivo dell’economia. Registriamo un calo del reddito, sia delle persone giovani, sia di quelle con più di 64 anni. I giovani hanno difficoltà a trovare un lavoro decente: la maggior parte degli avviamenti al lavoro sono per contratti atipici o a tempo determinato, quelli a tempo indeterminato è solo il 16% del totale”.

Chi studia certo non sta meglio e, anzi, studia sempre meno. “Una larga maggioranza degli studenti genovesi sono disponibili a trasferirsi all’estero per lavorare e in questo quadro le famiglie disinvestono in formazione. Abbiamo registrato una diminuzione degli iscritti sia alla scuola secondaria superiore sia all’università”.

Per uscirne serve anche il welfare. “Un sistema più efficiente – conclude Ivano Bosco, segretario della Camera del Lavoro Metropolitana – può essere una soluzione, sia per rispondere alle crescenti esigenze dei cittadini, sia per aiutare a migliorare la qualità occupazionale”. In tempi di tagli che anno dopo anno sembrano insormontabili forse la vera sfida è questa.

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