Economia

Ex Centrale del Latte di Genova, Piredda (Idv): “Accelerare ricollocazione lavoratori e riattivazione area”

centrale del latte

Genova. “Da oltre un anno i lavoratori dell’ex Centrale del latte di Genova sono a casa e ancora sul loro destino occupazionale pende un preoccupante punto interrogativo che attende risposte certe, in tempi brevi” dice Maruska Piredda, capogruppo di Italia dei Valori in Regione Liguria, che annuncia un’interrogazione urgente in consiglio per conoscere lo stato dell’arte delle trattative che hanno come obiettivo la ricollocazione dei 28 lavoratori del sito genovese Parmalat-Lactalis, chiuso da ottobre 2012 in seguito all’acquisizione da parte della multinazionale francese Lactalis.

“Da mesi – dice Piredda – i lavoratori sono in balia dei continui “tira e molla” sulle possibili alternative che riguardano l’area di 18mila mq di Fegino, a cui sembra indissolubilmente legato anche il loro futuro. A oggi purtroppo le possibili soluzioni sono rimaste confinate nel campo delle ipotesi. L’unica certezza, per ora, è la scadenza, alla fine della prossima estate, della cassa integrazione e la successiva messa in mobilità dei 28 lavoratori.

I dipendenti in cassa hanno più volte ribadito l’assoluta disponibilità a qualsiasi ipotesi, seria, di occupazione. La soluzione più concreta ed equa nei confronti non solo dei lavoratori genovesi, ma anche di tutto il tessuto economico e quindi dell’indotto dell’ex Centrale sta nel futuro dell’area sulla quale, ricordo, da oltre 80 anni e fino al 2012 era attiva un’eccellenza dell’industria agroalimentare del nostro territorio.

Secondo quanto in più occasioni hanno rimarcato i sindacati, la chiusura della Centrale è il probabile risultato di mancati investimenti su impianti e gamma prodotti da parte del management di Parmalat, che dopo il noto crack è stata acquistata dai francesi di Lactalis. In barba alle garanzie occupazionali date appena un anno prima, la multinazionale francese ha calato la mannaia dei licenziamenti e delle chiusure dei siti produttivi tra Liguria e Lombardia.

Per quel che riguarda Genova, è utile sottolineare che Lactalis, attraverso Parmalat, è diventata proprietaria di un’area acquistata nel 1992 dal Comune a una cifra contenuta che considerava la prospettiva delle ricadute occupazionali sul territorio. Alla luce di ciò sarebbe auspicabile che oggi non si verifichino speculazioni di alcun tipo. La messa sul mercato delle aree – con un’operazione che tenga conto dell’attuale congiuntura di crisi e del prezzo d’acquisto iniziale – potrebbe consentire l’attrazione di nuovi investitori, magari anche locali, interessati a insediarsi nella zona. Le aree, oggi di fatto dismesse da Lactalis, sarebbero così restituite al territorio e al tessuto produttivo genovese.

Facendo, infine, una considerazione di carattere più generale, duole riscontrare che il caso Lactalis è solo uno degli ultimi, in ordine cronologico, esempi di “compra l’azienda e scappa”, un atteggiamento industriale a cui in Italia ci stiamo abituando ad assistere da parte delle multinazionali estere che vengono a fare “acquisti” in Italia. Tuttavia, in attesa che vengano presi efficaci provvedimenti normativi contro il low shopping a danno delle nostre eccellenze produttive, è impensabile che nel frattempo a farne le spese siano i malcapitati lavoratori e il territorio svuotato delle proprie eccellenze produttive”.

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