Genova. “Una relazione quasi impresentabile”. Il commento a caldo di Gianni Pastorino, Slc Cgil è tranchant: “Quanto detto oggi in aula dal sindaco Doria presenta inesattezze che sconcertano, anche in riferimento alla chiarezza in consiglio comunale”. Inesattezze, secondo il sindacalista, “sia nei dati, sia nell’interpretazione della legge Bray, che per noi rimane un mostro giuridico”. Il presagio è che “noi, come Cigl e Cisl, non firmeremo nessuno accordo con l’amministrazione”.
La storia. Il Carlo Felice ha un debito attuale di circa 16 milioni di euro, “non una pecora nera”, secondo il sindaco, ma il simbolo di “un contesto di crisi evidente del settore”. L’azione intrapresa da Tursi per evitare il default prevedeva un doppio intervento con il conferimento di immobili e l’applicazione di contratti di solidarietà per un biennio “che ha consentito un equilibrio di conti”, ha ricordato Doria.
A fine 2012 i contratti di solidarietà sono scaduti, l’amministrazione si è trovata a redigere bilancio 2013, ma per attingere ai Fus, doveva esserci equilibrio fra entrate e uscite. Di qui un faticoso accordo: poste le entrate stimate intorno ai 19 milioni, e un pari contenimento dei costi di esercizio, era necessario riprendere i contratti di solidarietà già applicati.
L’accordo però non fu sottoposto a referendum tra i lavoratori e quindi non applicato. Così nel 2013, in assenza di interventi, lo squilibrio costi e ricavi c’è stato, per via della non applicazione dei contratti di solidarietà. “In questo quadro pur preoccupante, l’andamento del botteghino è stato assolutamente positivo”, a cui si è aggiunto “lo sforzo fatto per cercare sponsor”. Il sindaco ha quindi ricordato l’accordo con Quigroup in un momento negativo per le sponsorizzazioni in decrescita.
Nel frattempo maturava il decreto del ministro Bray, approvato dal consiglio dei ministri a inizio agosto e pubblicato in gazzetta ufficiale, infine convertito in legge. Destinatari: gli enti lirici attualmente commissariati e quelli che “non possono far fronte a debiti esigibili da parte di terzi”.
Nei giorni scorsi il Carlo Felice ha ricevuto dal commissario straordinario di governo l’invito ad aderire al nuovo quadro normativo. “O lo seguiamo con un piano di risanamento per raggiungere nel triennio l’equilibrio, altrimenti, se entro 2016 l’equilibrio strutturale di bilancio non sarà raggiunto ci sarà la liquidazione coatta – ha relazionato Doria – Il Carlo Felice è nella condizione di poter aderire, ha una massa debitoria di 16,5 mln nei confronti di fornitori e banche, a cui, con le sue sole risorse, non è in grado di far fronte. A luglio 2010 il debito era 19,5 mln – ha poi ribadito – oggi è stato ridotto anche se resta elevato”.
Se aderirà alle procedure della legge, la Fondazione Carlo Felice dovrà quindi presentare un piano di risanamento e così accedere ai finanziamenti destinati alla ristrutturazione del debito.
Un piano di risanamento, ha sottolineato poi Doria “che individui le riduzioni del personale compatibili ma sostenibili, in modo da non paralizzare l’ente”. Per accedere ai finanziamenti bisogna adempiere a determinati provvedimenti, tra cui possibilità di collocare in pensione un certo numero di dipendenti su criteri pre riforma Fornero, possibilità di riduzione organico fino al 50%, e razionalizzazione del personale artistico. La legge prevede poi percorsi di ricollocazione presso altre strutture del ministero, “un percorso tutto da verificare” ha chiarito il sindaco.
Infine il tema della patrimonializzazione, o meglio conferimento di beni, “è alla nostra attenzione, ma bisogna verificare se fattibile e se voluta dal consiglio comunale”, ha concluso Doria.
I numeri che non tornano: “non è vero che i soldi che abbiamo dato come contratti di solidarietà per due anni hanno abbassato il debito”, dice la Slc Cgil. Poi la legge Bray: il Carlo Felice ci accede, “ma solo con riserva, molte fondazioni hanno un debito con banche, l’ente genovese soprattutto con i fornitori per cui la ristrutturazione del debito appare impossibile”.
A preoccupare i sindacati di settore Cgil e Cisl è anche quel milione e 100 mila euro per pagare stipendi e tredicesima ancora da vedere. “Gli ultimi stipendi sono pagati con il botteghino, se non arrivano questi soldi c’è mancanza totale di liquidità, ma il sindaco su questo non ci ha risposto, così come sulla patrimonializzazione. A maggio la vicenda del Modena, ora altri nomi, ma se non c’è questo processo, come lo abbassi il debito?”, la domanda dei sindacati.
Cosa dovrebbe fare il Comune? “Aderire al decreto pensando che si possa intervenire sul costo lavoro ma non su eventuali esuberi – spiega Pastorino – Bisogna forzare sulle norme previdenziali, recuperando sui criteri pre Fornero”, conclude il sindacalista.